Un treno interminabile di obiezioni. I ma. I se. I però. Il preavviso troppo breve. La paga inferiore alle aspettative. La disorganizzazione dell'organizzazione. I mille pretesti e le mille giustificazioni per dire no: cara Expo, no grazie. Anzi, tanti saluti senza spagnolismi, a volte senza nemmeno inviare una mail per dire: «Scusi, ci ho ripensato». È una sorta di diserzione di massa, sorprendente e sconcertante, quella che emerge a pochi giorni dall'inaugurazione dell'evento degli eventi che caratterizzerà l'estate 2015. Centinaia di giovani sotto i 29 anni hanno rifiutato, come anticipato ieri dal Corriere della Sera , un'opportunità di lavoro per i sei mesi della manifestazione universale. Il compenso previsto si aggirerà per i seicento che hanno dato l'ok intorno ai 1.300 euro netti al mese. Pare di sognare.
Ma basta andare in rete per trovare i racconti di chi ha deciso che è meglio stare a casa. Scrive Lino: «È divertente notare come l'organizzazione sia veramente pari a zero». «Il riferimento è probabilmente alla Manpower, la società cui era stato affidato il compito di vagliare i curricula dei candidati cui veniva proposto un contratto di apprendistato per il semestre della vetrina internazionale. Con uno stipendio, non proprio misero, di 1.300-1.500 euro netti al mese, contando notturni e festivi. Lino si è defilato e come lui Raffaele: «È successo anche a me. Pari pari. Ero stato selezionato per il padiglione caffè Illy. Fanno schifo. Nelle agenzie lavorano solo capre». Per la verità non è che Raffaele o Lino dovessero sposarsi con le società interinali. Ma evidentemente anche un fidanzamento a termine viene rotto per mancanza di fiducia. A Expo è successo 8 volte su 10. Cifre e percentuali vertiginose. Con canonico effetto domino. Ecco Macs che batte le mani a Raffaele: «La tua storia va resa pubblica, altrimenti sembra che la gente sia matta. Scrivi a qualche giornale». Invece di accettare i sacrifici imposti, i ragazzi sembrano cercare lo scontro, la polemica, la rinuncia con effetti speciali.
Ciascuno ci mette del suo. Sfumature. Dettagli. Retroscena della trattativa. La sostanza non cambia. No e poi no. Come conferma anche un'altra agenzia interinale, la E-Work , chiamata a cercare cuochi, camerieri, facchini: per trovare i 2.500 lavoratori richiesti dall'Expo ne hanno esaminati dieci volte di più. Fra rifiuti. Fughe. Sparizioni all'ultimo minuto. Lo stesso ritornello con tante strofe personalizzate. E grappoli di calcoli: i 1.300 euro sarebbero nel libro dei sogni, perché alla fine il gruzzolo in tasca sarebbe più modesto: 1.000 euro, anzi 800, addirittura 500. O forse no. Fra imprecazioni e insulti. Monica ce l'ha con tutto e tutti: «Ho rifiutato Expo perché per il padiglione come cassiera da promesse di full time a 1.460 euro mi hanno portato a 28 ore e forse mille euro lordi». Non basta: «Senza sapere nulla dei buoni pasto da fuori sede. Con i prezzi alle stelle come campo? Manco un rimborso per i mezzi». E allora a queste condizioni Monica preferisce incrociare le braccia. Un altro under 29, intercettato dall' Huffington Post , ha invece di meglio da scegliere: «Ho la fortuna di avere un lavoretto e non posso mollarlo dall'oggi al domani». Expo addio. E bye bye anche all'idea di dover trascorrere le domeniche di una lunga estate in mezzo ai padiglioni. Meglio un gelato o una passeggiata su qualche spiaggia. «Certo c'è da stupirsi - afferma il commissario unico Giuseppe Sala - il periodo estivo e il fatto di non poter fare vacanze potrebbero essere i fatti più ostativi all'accettazione delle nostre proposte». Chissà.
Intanto, un'altra tegola si abbatte su Expo 2015: la società è indagata, in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, nell'ambito del
procedimento in cui è sotto accusa il presidente Roberto Maroni. Il presidente della Regione Lombardia avrebbe fatto spinto per far avere un contratto a due sue ex collaboratici. Ora ci va di mezzo il nome di Expo.di Stefano Zurlo
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