Guerra in Ucraina

I pacifisti sognano la piazza. Ma fanno un regalo allo Zar

Dopo l'invito di Conte, si accodano Arci, Acli e sinistra. Il paradosso: così si torna a legittimare Putin in crisi

I pacifisti sognano la piazza. Ma fanno un regalo allo Zar

La pace annegata nel pacifismo. Una grande manifestazione senza bandiere che spinga verso una tregua duratura Russia e Ucraina: è questa l'idea che Giuseppe Conte ha lanciato in un'intervista ad Avvenire, ripresa ieri con grande risalto dal Fatto Quotidiano. Sulla carta, naturalmente, il proposito è lodevole. «Mi piacerebbe - afferma il leader del Movimento 5 Stelle - che i cittadini che vivono con preoccupazione la folle escalation militare in corso potessero ritrovarsi a manifestare per la pace. Se questo mobilitazione si concretizzerà, il Movimento 5 Stelle ci sarà, anche senza bandiere».

Le parole di Conte attraversano il Paese e raccolgono molti consensi: le Acli, l'Arci, la Rete per la pace e il disarmo si mobilitano. Si parla di un happening che si svolgerà entro novembre, nel tentativo di scuotere una situazione che si trascina da mesi e per fermare un insensato bagno di sangue.

E qui cominciano i problemi perché diventa davvero difficile adesso far parlare la piazza: il messaggio rischia fatalmente di diventare un assist per Putin e questo per la più semplice delle ragioni: chi marcia mette sullo stesso piano i contendenti, ma qui non è così; c'è un aggressore, la Russia di Putin, e c'è un aggredito, l'Ucraina di Zelensky. Di più, dopo settimane di feroci combattimenti, ora sono i russi a ritirarsi, a quanto pare in modo scomposto, lasciandosi alle spalle devastazione e morte.

Insomma, un corteo imponente ridarebbe una qualche legittimazione a Putin che in questi mesi ha perso ogni credibilità nel consesso internazionale. Per carità, tutti avvertono che la situazione è insostenibile, i prezzi, anche a causa della guerra, corrono e l'odioso ricatto del gas rischia di mettere in ginocchio l'Europa intera.

Occorre ripartire, ma la tregua, si spera duratura, non può mettere sullo stesso piano le ragioni degli uni e degli altri. Poi certo, l'azione diplomatica è necessaria, anzi urgente, e si dovrà trovare un compromesso che per ora appare lontanissimo. Insomma, il rischio è che la mossa di Conte favorisca la logica del più forte. «Pace - replica lui a tutte le obiezioni - non può essere una parola associata alla debolezza. E le parole di papa Francesco non indeboliscono certo la comunità internazionale». Bergoglio all'Angelus di domenica ha cercato di aprire uno spiraglio nella logica di morte. Dunque si è rivolto a tutti e due i presidenti, ma senza sposare la linea dell'equidistanza. Ha chiamato in causa anzitutto Putin, «supplicandolo di fermare questa spirale di violenza e di morte». A Zelensky ha chiesto di «essere aperto a serie proposte di pace». La domande è: dove sono queste «serie proposte»?, dove l'aggettivo ha un suo peso specifico che non può essere dimenticato. Di sicuro il no per decreto ai negoziati da parte di Zelensky suscita sconcerto, ma spesso il pacifismo tradisce la pace.

«Qualcuno dice che l'unico che parla di pace è Papa Francesco - riflette il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei - speriamo che lo faccia anche qualcun altro e soprattutto che si agisca. Chi parla di pace può sembrare che non capisca le ragioni della guerra e invece proprio perché le capisce è contro».

La Rete per la pace e il disarmo promuove già una serie di iniziative fra il 21 e il 23 ottobre: obiettivo è una tregua immediata «affinché si giunga ad una Conferenza internazionale di pace». Poi, a novembre, tutti insieme in strada, senza vessilli, come auspica Conte. «Ci vuole un'iniziativa - è il parere del presidente dell'Arci Daniele Lorenzi - che coinvolga tutti quelli che pensano che sia il caso di chiudere la guerra». «Una manifestazione per la pace riempirebbe un vuoto», conclude la dem Laura Boldrini.

Ma è proprio questo che non è chiaro: il conflitto non si chiude con un'adunata che, anzi, potrebbe essere un regalo inatteso per Putin.

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