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I pizzini di Palamara: non accetterò di fare il capro espiatorio

Il pm del caso intercettazioni in tv da Giletti: non sono il polipo del mercato delle nomine

I pizzini di Palamara: non accetterò di fare il capro espiatorio

Vuole raccontare la sua versione dei fatti, difendersi ma anche attaccare. Forse, lanciare segnali. Perché non accetta di essere «il capro espiatorio» del sistema delle correnti, «il polipo» che usava i suoi contatti per il mercato delle nomine. Così, Luca Palamara va in tv, a Non è l'Arena (La7) di Massimo Giletti e ci mette la faccia.

Quella faccia notissima a tutti per aver campeggiato nell'ultimo anno sulle prime pagine di giornali, tg e talk show, dopo le notizie sull'inchiesta di Perugia e il fiume di intercettazioni piene di fango. La faccia del «dominus» degli accordi sotterranei al Csm, delle cene segrete con politici per i traffici tra le correnti. La faccia che rappresenta lo scandalo principe delle toghe sporche, la Tangentopoli dell'ordine giudiziario, come l'hanno chiamata. Quasi una nemesi storica, in cui la politica travolta da Mani Pulite si prende la sua rivincita sulla magistratura.

Anche se il tema centrale che emerge dalla degenerazione correntizia è la commistione tra le due e l'uso politico delle inchieste. Mentre il pm è in tv arrivano notizie su una riforma del Csm che da questo scandalo ha avuto una spinta forse decisiva. L'ultima bozza escluderebbe l'elezione di laici, accanto ai togati, che provengano da governo o Parlamento. Con questa norma gli ultimi due vicepresidenti del Csm, i dem Giovanni Legnini e David Ermini, non avrebbero potuto ricoprire il ruolo.

Palamara sfiora solo il tema riforma. L'ex presidente dell'Anm e leader della corrente centrista Unicost, sospeso dal Csm e in attesa di processo disciplinare di fronte ai suoi ex colleghi, vuole raccontare il metodo dell'accordo tra correnti, prima con quelle di sinistra di Area poi con quella moderata di Magistratura indipendente, di cui fu il gestore. Non una rete sua, sostiene, ma il frutto di patti correntizi di cui è stato protagonista nell'ultimo decennio. Il pm vuole spiegare come funziona il meccanismo e qual è stato il suo ruolo nell'ultimo periodo.

E ci tiene a scrollarsi di dosso l'accusa di corruzione, per viaggi, soggiorni, lavori di ristrutturazione e altro, in cambio di nomine, che ha giustificato le intercettazioni del trojan. Sostiene di non aver violato i doveri di componente del Csm, mettendo le sue funzioni a disposizione dell'imprenditore e amico Fabrizio Centofanti. L'inchiesta, che ha coinvolto la sua amica Adele Attisani, il consigliere del Csm Luigi Spina, Centofanti e l'agente di viaggi Giancarlo Manfredonia, ha provocato 5 dimissioni al Csm e si è chiusa il 20 aprile. Ora tutti rischiano il processo. Palamara ripete ora quel che hanno già detto i suoi avvocati, Roberto Rampioni, Mariano e Benedetto Buratti, cioè che «non è più accusato di aver ricevuto (dagli avvocati Giuseppe Calafiore e Piero Amara, ndr) la somma di 40 mila euro per nominare Longo procuratore di Gela o per danneggiare Bisogni nell'ambito del suo procedimento disciplinare». E per le altre ipotesi di reato lui e i legali sono certi di avere «decisivi elementi» per smontarle.

In queste settimane, dopo il deposito degli atti, sono diventate di dominio pubblico 2.554 chat, con conversazioni con colleghi e amici, e il caso è montato come all'inizio, un anno fa. Palamara, assediato nella sua casa dei Parioli, non è comparso, non ha parlato. Anche i suoi avvocati sono intervenuti il minimo indispensabile, per qualche rettifica. Il pm romano è stato contattato dai conduttori di tutti i talk televisivi, ma solo adesso ha deciso di togliersi qualche sassolino dalle scarpe, da Giletti. Nei messaggi intercettati sono comparsi nomi del mondo giudiziario, della politica a cominciare dai parlamentari renziani Lotti e Ferri, dello sport come Lotito, dello spettacolo come Bova, a testimoniare le relazioni di peso del pm. In una chat tra membri del Csm si tira in ballo anche il consigliere giuridico del capo dello Stato, Stefano Erbani, per lamentarsi dei suoi interventi.

Interventi, però, che sarebbero nell'ambito delle prerogative del presidente della Repubblica e guida del Csm, per rompere l'impasse su una nomina interna, necessaria al buon funzionamento del consiglio.

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