Roma - Maledetto Ligabue. Ne ha rovinati più lui con la sua vita da mediano che Vasco con la vita spericolata, al netto delle sostanze psicotrope. L'antiretorica del gregario del pallone e della vita celebrata dal rocker di Correggio in un brano di quindici anni fa, dell'Oriali «anni di fatica e botte e vinci casomai i Mondiali», è un vezzo irresistibile per il politico italiano, preferibilmente di sinistra.
C'era già cascato Romano Prodi, che nel 2004 utilizzò la canzone del Liga - inno della medietà coraggiosa, della classe operaia destinata al paradiso - come colonna sonora della convention per la presentazione della Lista unitaria dell'Ulivo che portava il suo nome. E ora anche Matteo Renzi se n'è appropriato: «Calcisticamente parlando - dice a Maria Teresa Meli, che lo intervista per il Corriere della Sera - qualcuno pensa che io sia un fantasista, cioè quello che inventa il colpo a sorpresa, o il portiere fortunato, che para i rigori perché provoca l'avversario. Non hanno capito che dal punto di vista amministrativo io sono un mediano, che su tutti i palloni si mette lì e butubum-butubum studia le carte».
È l'ultimo alias del premier furbetto, che annusa l'aria e cambia i suoi vestiti come un Clark Kent qualsiasi. Di questi tempi gli artisti capricciosi, i fuoriclasse fuori dagli schemi, i geni compresi o incompresi, i predestinati vanno poco di moda. Prendete il calcio, teatro esistenziale per eccellenza (e poi è di quello che parliamo, o no?): i brasiliani presuntuosi e con un percezione di sé semidivina, tutti riccioli e moine, preghiere e finte, finiscono seppelliti di gol al cospetto del pragmatismo luterano dei tedeschi e poi anche degli olandesi, campioni sì ma anche secchioni. Lo Zeitgeist (parola non a caso crucca) del Mondiale appena finito dice che vince chi sgobba, chi sta sempre sul pezzo, chi non si distrae, chi ci crede. L'operaio specializzato, il mediano grintoso, appunto. E irrenzi annusa l'aria e si riposiziona.
C'è da dire che a Renzi il ruolo di primo della classe calza a pennello, dalla Ruota della Fortuna in poi. Ma prima il personaggio era modellato più che altro sui tratti del ragazzino prodigio, un po' saputello. Ora invece l'enfasi è tutta sul lavoro, sul sacrificio, anche a costo di rinunciare a qualche etto di glamour. «Polo viola, jeans, sneakers (...). Scusi se la ricevo così, ma tanto qui il sabato mattina non c'è praticamente nessuno. Lui c'è», il fulminante attacco del pezzo della Meli, sinceramente un po' in odore di agiografia. E poi: «Ha l'aria di uno che ha fatto le pre piccole. Ed effettivamente è così. Si è svegliato alle cinque del mattino per leggere il suo livre de chevet, la mia lettura quotidiana, lo chiama lui (...): il riassunto del bilancio dello Stato, voce per voce».
Italiane e italiani, nei momenti di sconforto pensate che, mentre voi dormite i vostri agitati sonni popolati di equitalie e tasi, il mediano mattiniero veglia su di voi imparando a memoria le voci di bilancio.
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