Dal nostro inviato a Johannesburg
I confini che "non devono essere modificati con la forza", le eccessive "limitazioni proposte alle forze armate ucraine" e la necessità di avere il "consenso dei membri dell'Ue e della Nato" per "l'attuazione degli elementi relativi all'Unione europea e all'Alleanza atlantica". Sono i tre passaggi chiave dello statement che segue la riunione dei cosiddetti Volenterosi per l'Ucraina che ieri si sono seduti attorno a un tavolo a margine del G20 di Johannesburg. E che nella dichiarazione finale hanno messo nero su bianco le enormi perplessità degli europei sul piano di pace di Donald Trump, definito "una bozza che costituisce una base" ma che "richiederà ulteriore lavoro". Nel linguaggio felpato della diplomazia è un deciso "no". Che è di merito, ma che ha anche una funzione negoziale, visto che l'acquisizione di buona parte del Donbass e il riconoscimento della Crimea sono notoriamente questioni su cui Mosca è indisponibile a trattare e su cui Kiev dovrà evidentemente fare molte concessioni. Peraltro c'è una quarto punto del piano che l'Ue non ha gradito e sono i 100 miliardi che l'Europa dovrebbe mettere sul tavolo per la ricostruzione dell'Ucraina. Un non detto che non è un dettaglio.
Una dichiarazione adottata dopo un primo vertice ristretto tra il tedesco Friedrich Merz, il francese Emmanuel Macron e il britannico Keir Starmer e al termine del successivo incontro allargato proposto da Ursula von der Leyen e Antonio Costa (rispettivamente presidenti di Commissione e Consiglio Ue), a cui hanno partecipato europei e non solo. Tra i primi Merz, Macron, Starmer, Giorgia Meloni e lo spagnolo Pedro Sanchez, oltre a Olanda, Finlandia, Norvegia e Irlanda. Tra i secondi il canadese Mark Carney e la giapponese Sanae Takaichi. Tutti d'accordo sul fatto che il piano di pace Usa sia di fatto la capitolazione dell'Ucraina e, visto che il confine est dell'Europa è a una manciata di chilometri da Kiev, a cascata anche dell'Europa. Una posizione su cui converge l'Italia, seppure con la cautela di una Meloni convinta che l'Ue debba continuare a lavorare unita al piano proposto da Trump senza creare una contrapposizione tra Bruxelles e Washington. E proprio questo ha detto venerdì sera a Johannesburg nei suoi incontri con von der Leyen e Costa. L'obiettivo, insomma, è il risultato. E alimentare contrapposizioni come secondo Palazzo Chigi auspicano alcuni europei è controproducente perché la diplomazia ha le sue regole. "L'Italia è pronta a collaborare con i suoi partner europei e americani per raggiungere una pace giusta", spiega la premier durante il suo intervento nella prima sessione dei lavori del G20. Ancora pù netti Merz ("sul piano serve il consenso incondizionato di Kiev") e Macron ("senza misure deterrenti i russi torneranno").
Meloni che ha bilaterali col premier cinese e Li Qiang e col canadese Carney parla anche della "riduzione del debito ai Paesi africani", del Wto "da rivedere" e di piano Mattei. Tutte questioni importanti, ma che finiscono per perdersi all'ombra della trattativa sull'Ucraina. L'ipotizzato viaggio dei leader europei a Washington per discutere la questione con Trump sembra non essere più in agenda, mentre oggi a Ginevra è prevista una riunione Ue-Usa su cui si stanno spostando i riflettori delle diplomazie mondiali. Ci saranno il segretario di Stato americano Marco Rubio, l'inviato diplomatico Steve Witkof e il segretario dell'esercito Usa Daniel Driscoll. Oltre ovviamente ai rappresentanti di Germania, Francia, Regno Unito e Italia. Che sarà rappresentata dal consigliere diplomatico di Palazzo Chigi Fabrizio Saggio, che proprio ieri ha lasciato in anticipo il G20. Sul tavolo anche la bozz del contropiano di pace che, riferisce Reuters, ieri sera è stato inviato anche a Kiev e Washington.
Insomma, le nubi nere che sovrastano il ventesimo G20 un forum inaugurato nel 1999 a livello di ministri delle Finanze e nel 2008 a livello di capi di Stato e di governo non sono solo quelle che per metà pomeriggio battono Johannesburg con una pioggia incessante mista a grandine. A mettere nero su bianco che il format del vertice è "a rischio" e "potrebbe essere giunto alla fine di un ciclo" è infatti Macron. Un affondo rivolto agli Stati Uniti, visto che Trump ha preferito non esserci e farsi rappresentare da uno sparuto gruppo di funzionari dell'ambasciata Usa a Pretoria.
Le tensioni sull'Ucraina tra l'amministrazione americana e gli europei fanno il resto. Tanto che oggi si chiuderà il primo G20 africano forse l'ultimo ma i riflettori resteranno tutti puntati su Washington, Kiev e Mosca.