I razzisti da salotto mettono il bavaglio pure a de Benoist

Cancellato l'intervento del filosofo e scrittore alla Fondazione Feltrinelli: «Ideologo estremista»

Il 4 marzo si avvicina, la tensione sale e, complice la cronaca nera, gli scudi polemici si alzano ai massimi livelli consentiti. L'ultimo conflitto è tra intellò di sinistra, che si ribellano con sdegno alle aperture a destra. E ci va di mezzo un nome prestigioso, che ha da un anno inaugurato una sede da 2.700 mq su 5 piani a Milano, Fondazione Feltrinelli, costretta ad annullare l'incontro pubblico programmato da mesi e previsto il 13 febbraio con Alain de Benoist, scrittore, filosofo e fondatore del movimento culturale «Nouvelle Droite». «Che cos'è questa iniziativa? Un fascisticamente corretto?», chiede una dei poco meno di 600 aderenti alla petizione che 23 ricercatori universitari perlopiù europei, da Londra a Barcellona, da Oslo a Verona a Bologna, hanno rivolto alla Fondazione il primo febbraio su change.org.

L'iniziativa deplorata dai firmatari - «studiose e studiosi delle destre e estreme-destre» - è il ciclo di incontri «What is Left/What is Right», che la Fondazione aveva lanciato a metà gennaio proprio nella nuova sede. La petizione è durissima: i 23 parlano di «Un grave segno di regressione democratica», che avvalora «Una visione omogenea ed escludente della società in contraddizione con il pluralismo che caratterizza la democrazia». La spiegazione è appunto nei nomi invitati. Finché si tratta della parte «What is Left» e a parlare sono stati o saranno il sociologo Evgenij Morozov, il politologo Yves Sintomer (oggi), Walter Veltroni (domani), il giornalista economico «Labour» Paul Mason (il 19 febbraio), tutto va bene. Ma se a discutere di «What is Right» vengono chiamati l'ex braccio destro di Marine Le Pen Florian Philippot o, appunto, Alain de Benoist, il noto «impegno per la democrazia e l'antifascismo» della Fondazione, sempre secondo i 23, implode: «Ad accomunare attori molto diversi come de Benoist e Philippot è il nativismo, una visione del mondo secondo la quale gli stati dovrebbero essere abitati solo da nativi e, dunque, ogni persona (o idea) diversa sarebbe problematica per la sopravvivenza delle comunità nazionali. Il fatto che gli interventi di Philippot e de Benoist avvengano nel contesto della campagna elettorale italiana non fa che aggravare, ai nostri occhi, la vostra scelta». De Benoist, in particolare, sarebbe un «ideologo dei movimenti neofascisti pan-europei, oltre che teorico di una forma di razzismo culturalista non limitato all'area neofascista. In Italia come in Europa, le idee di de Benoist informano la linea di attori di estrema destra diversi e con diverse potenzialità tra cui la Lega o la più marginale CasaPound la cui comune ambizione è parlare a un pubblico più largo dei soli nostalgici fascisti».

Il segretario generale della Fondazione, Massimiliano Tarantino, ha tenuto il punto per un paio di giorni e ha risposto così alla lettera dei 23: «Fa parte dello scopo che abbiamo dato alla nostra istituzione la promozione di un confronto plurale e la creazione di uno spazio che non assecondi una tesi ma si impegni nella promozione della conoscenza e dell'informazione utili per promuovere capacità critica», ma de Benoist è da ieri fuori dalla locandina. Urge censurare la finalità sbandierata nelle presentazioni del ciclo: interrogarsi «su come le destre e le sinistre in Europa si confrontano con le scelte da fare».

Urge annullare l'incontro: «Per delicatezza, per non strumentalizzare», ci ha risposto la Fondazione. O per non alimentare le accuse di «legittimazione delle posizioni politiche dei vostri due invitati» e di creazione di «terreno fertile per il razzismo e la xenofobia», come scritto nella petizione.

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