I Ros di Milano sulle tracce della stamperia del Califfato

Dopo gli arresti dei giorni scorsi, l'obiettivo è smantellare la rete che garantisce documenti falsi ai foreign fighter

I Ros di Milano sulle tracce della stamperia del Califfato

Le indagini, come sempre, vanno avanti. Perché non tutto è (solo) quel che sembra. Il Ros di Milano continua con le perquisizioni. Cerca infatti la stamperia (e lo stampatore) dei falsi documenti d'identità. Che, seppur non realizzati con particolare maestria, potrebbero finire in mani sbagliate, cioè quelle di qualche «amico» del Califfato o aspirante foreign fighter. Tuttavia l'operazione Fake Link - portata a compimento ieri sotto la Madonnina dagli investigatori milanesi dell'Arma con l'arresto dello spregiudicato fornitore di documenti Ahsan «Hassan» Muhammad, 27enne pakistano residente in via Venini con una sua connazionale e impiegato in un call center e money transfer di via Gaffurio, cioè a due passi da casa (zona strategica tra la stazione Centrale e via Padova, da lui frequentatissima, ndr) - ha già portato a un ottimo risultato. Dopo 8 mesi le indagini condotte dal Ros di Udine, dalla Dda di Trieste e in parte anche dalla questura di Gorizia, hanno evidenziato un giro illegale di affari di circa 500mila euro annui legati allo sfruttamento dell'immigrazione clandestina. Quelli di un'organizzazione di cinque pakistani (di cui tre erano già in carcere tra l'Italia, la Slovenia e l'Ungheria, quello arrestato ieri mattina a Milano e un quinto rimasto a piede libero, a Chioggia, dove è stato raggiunto da un avviso di garanzia) che attraverso una società fittizia, la «Privilege» srl con sede legale a Seveso (MB) e con uffici a Milano al Centro direzionale di via Copernico - «(...) formalmente inserita nel settore del commercio di macchine agricole ed edili, ma di fatto non impegnata in alcuna reale trattativa commerciale» come scrive nell'ordinanza il gip di Trieste Giorgio Nicoli - in realtà trasportavano migranti afghani e pakistani in Italia. Stranieri ammassati a bordo di Fiat Ducato a 36 alla volta, in condizioni animalesche, per raggiungere Milano grazie anche a una serie di staffette e da lì, con documenti falsi, magari il nord Europa. Tutto per mille euro a testa.

«Ogni volta che c'erano dei rintracci di extracomunitari a Tarvisio - spiegano gli investigatori del Ros di Udine -, risultavano contemporaneamente dei noleggi di questi furgoni nella zona. Le indagini sono iniziate così, nell'ambito del monitoraggio dei flussi migratori che hanno investito i confini orientali del continente europeo, con la collaborazione delle polizie slovene, tedesche e ungheresi, coordinate dall' Europol».

A Milano tutto faceva capo a Muhammad. Che lavorando in un call center poteva essere raggiunto telefonicamente dal carcere dai «colleghi». Ahmed Mushtag, 33 anni, infatti, detenuto a Verona, comunicava attraverso un telefono che girava clandestinamente nel carcere, mentre il 23 enne Khurram Imtiaz, e Raies Mirza Baig, 26 anni, chiamavano rispettivamente dal carcere di Celje (Slovenia) e da un penitenziario ungherese dove è possibile comunque fare chiamate all'esterno.

Ahsan «Hassan» Muhammad a Milano si comportava da pakistano fortemente occidentalizzato.

La compagna a casa, altre donne in giro, birra a volontà, musulmano ma non praticante il 27enne non disdegnava la compagnia di altri stranieri come lui frequentando via Padova e viale Monza dove però, gli investigatori milanesi ci tengono a precisarlo, non è mai accaduto nulla di illecito. Ora nel mirino è l'uomo che gli forniva i documenti. Sul quale, naturalmente, lui ieri, prima di finire a San Vittore, è stato molto, troppo vago. «Ho il telefono, ma non so il suo nome, lo incontravo in un bar».

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