I segreti di Garlasco. Computer, telefoni e due carabinieri: la stretta sull'ex pm

Venditti nel mirino. Sapone e Spoto sentiti sulla sua gestione di indagini e Procura

I segreti di Garlasco. Computer, telefoni e due carabinieri: la stretta sull'ex pm
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La cosa più difficile, quando si incontreranno, sarà darsi del Lei. Perché il procuratore della Repubblica di Brescia Francesco Prete e l'ex procuratore di Pavia Mario Venditti si conoscono da una vita, hanno lavorato per anni in Procura a Milano, e il rischio che la colleganza prevalga sulle forme c'è. Ma non sarà un incontro né cordiale né vicino. Non sarà cordiale perché a Brescia non è sfuggita la durezza del comunicato che il difensore di Venditti ha diramato venerdì, al termine della lunga giornata aperta dalla notizia dell'accusa di corruzione mossa da Brescia all'ex collega, la storia dei 40mila euro incassati per depistare le indagini sul delitto di Garlasco in modo da salvare Andrea Sempio, il nuovo sospettato per l'omicidio di Chiara Poggi: un comunicato che parla di "aggressione" e di una giustizia che diventa "violenza o vendetta". E non sarà neanche un incontro a vicino: perché Venditti verrà convocato e interrogato a Brescia solo quando il cerchio delle indagini intorno a lui sarà concluso. Non sarà un lavoro breve, ci sono testimoni da sentire, devono essere analizzati i computer e i telefoni sequestrati a Venditti e all'intera famiglia Sempio nella giornata di venerdì.

C'è insomma da capire se quell'appunto così apparentemente esplicito, "Venditti Gip archivia x 20.30 euro", racconti davvero di una tangente al Procuratore in cambio della veloce archiviazione dell'indagine del 2017; o se invece sia tutt'altro, un preventivo di spese legali come dicono i Sempio, o - come pure è possibile - la traccia di una promessa indecente arrivata ai familiari dell'indagato da altri, magari da un millantatore che vantasse aderenze in Procura. Un'offerta che di lì a poco i Sempio accettano, e si danno da fare per raccogliere i contanti destinati a salvare Andrea dall'indagine per omicidio.

Venditti per ora è l'unico indagato. Non è un dettaglio da poco. Silvio Sapone e Giuseppe Spoto, i due carabinieri che nella ricostruzione della procura di Brescia avrebbero materialmente aiutato Andrea Sempio, fornendogli in anticipo le domande che lo attendevano negli interrogatori e garantendogli un trattamento morbido, sono stati interrogati semplicemente come testimoni. Perché, se almeno del reato di falso in atto pubblico, per i brogliacci delle intercettazioni riempiti di omissis, sarebbe naturale indagarli? Qualunque loro risposta sul loro ruolo nella vicenda messa a verbale venerdì sarebbe inutilizzabile in un processo a loro carico, essendo stata fornita senza la presenza di un difensore. E allora? La spiegazione più semplice è che a Sapone e Spoto siano state fatte domande non su di loro ma su qualcun altro. Tra cui, inevitabilmente, anche Venditti: sul suo ruolo in Procura, sulla sua gestione delle indagini. Vicende che soprattutto il luogotenente Sapone conosce bene, avendo lavorato al fianco del procuratore per lunghi anni, al punto che la Procura di Brescia gli attribuisce "rapporti di particolare confidenza e correlazione con l'indagato Venditti". Non il solito maresciallo di fiducia che ogni pm ha al suo fianco ma, secondo l'accusa, parecchio di più. Al punto da rendere improbabile che Sapone, che pure aveva stretti legami con la famiglia Sempio, abbia millantato con loro una entratura col Procuratore in cambio di una "stecca".

L'inchiesta su Venditti è solo agli inizi, che possa concludersi con una archiviazione è possibile, ma lo scontro tra

ex colleghi è comunque frontale: "Non ho mai preso soldi o benefit, la verità verrà fuori e mi scagionerà - dice Venditti a Quarto grado - ma nessuno mi restituirà l'onore leso oggi". E su questo è difficile dargli torto.

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