Coronavirus

Per il Cts va bene così. "Salvi salute e affari". I locali: "È già troppo"

I settori colpiti dalle nuove regole chiedono contributi a fondo perduto. Allo stremo ristoranti, bar e congressisti: "Per noi un colpo mortale"

Per il Cts va bene così. "Salvi salute e affari". I locali: "È già troppo"

Un dpcm soft, in grado di coniugare tutela di salute ed economia, per il coordinatore del comitato tecnico scientifico Agostino Miozzo e per la Federazione degli ordini dei medici. Un provvedimento già così troppo invasivo, agli occhi delle categorie colpite, che temono per il destino dei loro bar e ristoranti.

«Mi sembrano misure di buon senso. Il governo prova a trovare un equilibrio tra la sostenibilità dell'economia e la tutela della salute. E questo non significa piegarsi alle esigenze della prima, accantonando la seconda», dice il presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici Filippo Anelli.

Le stesse misure sono tutt'altro che apprezzabili invece per Gianluca Manenti, presidente di Confcommercio Sicilia. Anzi: «Sono un colpo mortale per un settore in gravissima crisi. Si rischia la chiusura di tantissime imprese e la perdita di posti di lavoro e fatturato. Tra le 18 e le 24 si incassano decine di migliaia di euro nei bar e migliaia di nei ristoranti. Contavano sul doppio turno, distribuendo i clienti anche alle 22.30, invece adesso dovranno mandarli a casa».

Anche per la Fipe di Confcommercio la priorità è «scongiurare una nuova chiusura generalizzata. Ma stiamo chiudendo uno dopo l'altro. Se viene chiesto l'ennesimo sacrificio, è necessario che lo Stato ci metta nelle condizioni di sopravvivere». I timori sono per i possibili «effetti devastanti» sul catering, locali notturni e sulle imprese dell'intrattenimento, già in ginocchio: «Parliamo di una mazzata da 470 milioni di euro ogni mese. Ecco perché è necessario destinare immediatamente contributi a fondo perduto per coprire i mancati incassi».

C'è il sollievo ma anche la rabbia di palestre e piscine, che avranno una settimana di tempo per adeguarsi ai protocolli di sicurezza, pena una chiusura generalizzata di un settore che per tre mesi di lockdown è rimasto con le serrande abbassate: «È comprensibile la preoccupazione del premier Conte, ma non può pagare l'intero settore per qualcuno che sbaglia. Le palestre hanno adeguato immediatamente i protocolli già dopo il lockdown, oggi sono luoghi essenzialmente sicuri - dice Paolo Menconi, presidente di Ifo - International Fitness Observatory - Come se in una classe un alunno non fa i compiti e vengono castigati tutti: non mi sembra una scelta saggia ed equa».

Perplesso anche il presidente della Federnuoto, Paolo Barelli, perché «tutti i gestori di piscine hanno speso centinaia di migliaia di euro per mettersi al passo con le regole, tramite sanificazioni, prenotazioni, ingressi contingentati, dietro c'è un costo enorme. Siamo in attesa di capire e abbiamo chiesto un nuovo incontro con il ministro per lo Sport, perché si chiariscano quali sono i protocolli. Non si deve mettere un'intera categoria nel banco degli imputati».

E poi ci sono sagre e fiere che invece sono vietate.

Con le categorie rassegnate: «Ancora una volta viene colpito pesantemente un settore - attacca Maurizio Innocenti, presidente di Anva Confesercenti - già messo a dura prova anche dopo il lockdown e che ha messo in atto, in questi mesi, tutti i protocolli di sicurezza».

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