
La musica è finita, gli amici se ne vanno...», cantava Ornella Vanoni in un lontano Sanremo del 1967. Ma, nel caso del Teatro La Fenice di Venezia, la musica è destinata proprio a non iniziare. Le note sono quelle dell'Inno di Mameli, l'occasione avrebbe dovuto essere la Festa della Repubblica. La vicenda, complessa, la racconta l'Adnkronos. E parla di una trattativa sindacale, di presunte proposte e controproposte, un groviglio che ha avuto l'unico effetto - per ora - di far saltare una registrazione del Canto degli Italiani, nello scenario di Piazza San Marco, da mandare in onda, il 2 giugno, dopo il Tg1 delle 20. Un'esibizione suggestiva, magica, un alto tributo in un giorno simbolico. Il tutto eseguito dall'Orchestra e dal Coro de La Fenice. Ma non solo: a dare la disponibilità, a titolo gratuito, il tenore italiano di fama mondiale Vittorio Grigòlo e il direttore dell'Orchestra Daniele Callegari. Proprio Grigòlo era stato già protagonista di due esecuzioni esclusive dell'Inno nazionale. La prima il 2 giugno del 2020, nell'Arena di Verona deserta a causa delle restrizioni per la pandemia da Covid 19. La seconda, invece, il 18 aprile dell'anno successivo, in occasione del Gran Premio di Imola della Formula 1.
Una cartolina glamour, che sfuma, davanti a quello che sembra un caso di ostica rigidità sindacale. Fatto sta che l'accordo a ora non è stato trovato, nonostante il governo - tramite il ministero della Cultura - avesse già stanziato una cifra di 40 mila euro per l'evento. Stando a quanto emerge, di fronte alla proposta, i sindacati della Fenice avrebbero presentato una richiesta economica di circa 44 mila euro, più altri 10 mila di spese per la Fondazione. Una richiesta che sarebbe stata avanzata per indennità extracontrattuali ai lavoratori. Una somma considerata, anche da alcuni dentro la stessa Fondazione, come fuori scala rispetto alle pretese che avrebbero potuto avanzare altre orchestre di livello. Si fa sentire il ministro della Cultura Alessandro Giuli. «A fronte di un impegno che il MIC comunque responsabilmente riserva alla Fenice, e sono tanti milioni, circa 45, non mi aspettavo una reazione del genere», dice da Venezia, dove si trova per promuovere la candidatura UNESCO della via Francigena. Quindi la stoccata: «Non lo so se sarebbe successo anche in presenza di un ministro di sinistra e non voglio neanche pensarci».
Tornando ai fatti, nell'impossibilità di coprire i costi, davanti all'idea del sovrintendente Nicola Colabianchi di utilizzare soltanto l'Orchestra, senza il Coro, ci sarebbe stato un niet dei sindacati. A confermare il nulla di fatto è il sovrintendente Colabianchi. Che commenta: «Sono dispiaciuto che la Fenice non possa onorare una festa come il 2 giugno». Federico Mollicone, presidente della commissione Cultura alla Camera, parla di «vergogna nazionale» in caso di conferma della ricostruzione.
Ad aprire uno spiraglio solo il presidente dell'Anfols, l'Associazione delle Fondazioni Lirico-Sinfoniche, Fulvio Macciardi, che aveva lanciato l'idea. «Solo con il dialogo si superano le contrapposizioni», dice. Giù il sipario, per il momento.