Coronavirus

I sindacati frenano la ripartenza della Lombardia: il 4 maggio è presto

Gli Stati generali convocati in Regione: categorie, imprese e professionisti e sono pronti ma Cgil, Cisl e Uil si oppongono Fontana: decideremo con gli scienziati

I sindacati frenano la ripartenza della Lombardia: il 4 maggio è presto

Milano Un grido di dolore quello che si alza dagli «Stati generali del Patto per lo sviluppo» cui hanno partecipato oltre un centinaio di rappresentanti di tutte le categorie produttive, sindacati e università, in vista del ritorno alla cosiddetta normalità. Una maxi conferenza che ha visto riunite tutte le categorie, ognuna delle quali ha presentato un quadro tragico, e la necessità di una ripartenza il più veloce possibile. Un tavolo per dare voce a chi, come ha dichiarato il segretario federale della Lega Matteo Salvini, «ha bisogno di andare a lavorare» e «ha bisogno di vedere la luce in fondo al tunnel». Ma su cui proprio i rappresentanti dei lavoratori hanno voluto tirare il freno a mano.

Una luce che si fa più flebile giorno dopo giorno, dal momento che lo stesso governatore lùmbard Attilio Fontana ha poi sottolineato come «la parola ultima sulla possibilità della riapertura della regione spetta agli scienziati, o meglio al comitato tecnico scientifico». Mondo scientifico che nei giorni scorsi, ha già messo le mani avanti sottolineando tutti i rischi che un ripartenza affrettata potrebbe comportare anche perché il 4 maggio, il D-day, data in cui la regione vorrebbe rialzare le serrande di tutte le attività, le industrie, i negozi, le piccole e grandi manifatture è veramente dietro l'angolo, mentre la curva dei contagi continua a salire e il test sierologico che dovrebbe dare un «patentino di immunità» ai lavoratori, è ancora in fase di studio. «La via lombarda alla libertà dal 4 maggio» è stato un passo azzardato? Il dado è tratto.

Per il presidente della IV commissione permanente Attività produttive del Consiglio regionale lombardo, Gianmarco Senna, «i tempi sono maturi: forse non tutti si rendono conto che siamo davanti a un tracollo annunciato del sistema delle imprese lombarde. Bisogna ripartire subito, pur con tutte le garanzie del caso». Lancia l'allarme anche il mondo delle professioni: «Gli effetti negativi dell'emergenza sanitaria sull'economia, che in Lombardia si accentuano a causa delle maggiori restrizioni introdotte per le attività professionali, possibili soltanto da remoto, stanno investendo pesantemente la gran parte dei professionisti», rileva Massimo Maria Molla, presidente di ItaliaProfessioni, l'Associazione dei professionisti aderente alla Confcommercio milanese. In Lombardia i professionisti sono quasi 152mila, circa il 20 per cento del totale.

Se il presidente della Lombardia ha voluto attirare l'attenzione su un'altra emergenza che si sta consumando nella locomotiva d'Italia e in tutto il Paese, ovvero la crisi economica, da più parti, sindacati in primis, rallenta. «Dalla Regione non abbiamo ascoltato nemmeno una sola proposta che si possa onestamente definire concreta» sentenziano Cgil Lombardia, Cisl Lombardia e Uil Milano Lombardia. «Non una proposta su come si vuole garantire quotidianamente a tutti i lavoratori e mascherine e guanti idonei per poter muoversi e lavorare. Nulla su come si intende assicurare a tutti di poter viaggiare mantenendo almeno un metro di distanza dagli altri viaggiatori.

Nessuna proposta di un elenco dettagliato di attività e mansioni che devono essere svolte dal proprio domicilio in lavoro agile, con il conseguente obbligo alle aziende di osservarlo».

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