È uno dei pochi settori dove le ristrutturazioni non si traducono automaticamente in catastrofi e il merito va a meccanismi di protezione che i bancari e le banche sono riusciti a costruire. Ma anche a relazioni industriali di qualità, come ammettono gli stessi sindacati.
Ieri le sigle del settore (First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin) si sono affidate a una nota congiunta per dire che sull'offerta da 4,86 miliardi di Intesa per Ubi «l'attenzione è massima».
C'è sicuramente preoccupazione visto che, sottolinea il segretario generale della Uilca Massimo Masi, l'offerta interessa direttamente o indirettamente 110 mila bancari, la somma dei dipendenti di Intesa, Ubi e Bper. «Quindi più di un terzo della categoria». Ma la nota delle principali federazioni dei bancari sottolinea come l'operazione «crei probablmente valoer» e come «le prime dichiarazioni» di Intesa siano «volte a rasserenare il clima».
Il riferimento è alla mossa di Carlo Messina che ha annunciato 5.000 «uscite» (parole esuberi bandita da tutti) a fronte di 2.500 assunzioni. L'ad di Intesa ha in sostanza anticipato un metodo auspicato dagli stessi sindacati, dalla Fabi alla stessa Uilca: un'assunzione ogni due uscite. Trattamento migliore rispetto alle intese passate, che in media si sono chiuse con un nuovo ingresso ogni tre uscite, spiegano fonti Fabi.
Altra rassicurazione, le uscite avverranno «su base volontaria». E anche su questo Messina ha voluto mandare un segnale ai sindacati. «È una cifra tarata su quanti vogliono uscire», spiega un sindacalista Cisl.
Masi parla in generale della situazione dei bancari, ma in sostanza conferma: «Noi dobbiamo mettere insieme le esigenze dei lavoratori che vogliono uscire, perché vicini alla pensione o perché sono cambiate le condizioni, con quelle di chi deve restare».
Il rapporto tra assunzioni e uscite è importante. «In generale il settore perderà circa 7.000 addetti in poco tempo, non si può fare finta di niente. Siamo puntando su un patto per l'occupazione basato sulla riqualificazione dei lavoratori». I numeri sono impressionanti. I lavoratori in uscita sono 13.269, quelli già usciti 16.434. Stima Fabi che non considera le nuove uscite. Il momento è delicato, ma «le banche come è sempre successo potranno utilizzare il nostro fondo esuberi e non fare licenziamenti», spiega l'esponente Uil.
Poi c'è il fondo per l'occupazione che dal 2012 ad oggi ha permesso di fare entrare 22.550 giovani (dati Fabi). In questi anni è cambiato il Dna del bancario. «Prima erano tutti ragionieri, oggi ci sono informatici e ingegneri», spiega Masi. «Sono stati assunti tantissimi ragazzi esperti applicazioni per smartphone, gli addetti agli sportelli sono diventati consulenti».
La banca è sempre più mobile «ma secondo me è un errore rinunciare alle filiali», chiosa Masi. Insomma le banche sono in subbuglio, ma i bancari se la passano meglio di altri. A Masi resta un dubbio: «Se si fondono le banche sane, chi salverà quelle in crisi?».
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