Londra - L'Italia tra gli ultimi della classe per l'efficienza nel settore scolastico. Se non proprio bocciata, almeno rimandata a settembre dalla nuova classifica stilata dai ricercatori della Gems Education Solutions che verrà presentata ufficialmente oggi alla London School Economics di Londra. Il rapporto prende in esame l'efficienza con cui vengono allocati i budget per l'istruzione nei trenta Paesi Ocse, analizzando quanto i singoli governi spendono per gli insegnanti e rapportandolo poi ai risultati nei test PISA raggiunti dagli studenti. In questo modo si valuta qual è il Paese che produce il ritorno migliore in termini educativi rispetto ai soldi spesi. E l'Italia a quanto pare non gestisce bene le risorse a sua dispozione dato che nella classifica risulta soltanto al ventitreesimo posto su un totale di trenta. Ma la sorpresa è che questo scarso risultato potrebbe anche non dipendere dalla solita mancanza di fondi. Il rapporto evidenzia infatti che tra le 63 voci utilizzate per la valutazione del sistema scuola, dal materiale didattico alle infrastrutture, le uniche ad avere un impatto veramente significativo sono le variazioni negli stipendi degli insegnanti e nel rapporto numerico allievo/docente. La gestione ideale, secondo la classifica è quella della Finlandia che risulta il Paese più efficiente nell'ambito dell'Ocse, seguita da Corea e Repubblica Ceca. In base ai numeri l'Italia potrebbe raggiungerla seguendo contemporaneamente due strade ossia diminuendo il numero di studenti per insegnanti e aumentando le retribuzioni dei docenti. Ricette differenti dovrebbero invece seguire altri Paesi come la Germania che, a sorpresa, si trova ancora dopo l'Italia, al venticinquesimo posto. Ora, appare chiaro che laddove i salari sono già generosi ma i risultati non sono adeguati alle aspettative, l'efficienza viene addirittura penalizzata. Un altro fattore che causa inefficienza oltre alla spese eccessiva sono anche gli esuberi, vale a dire che alcuni Paesi possono avere una quantità di risorse che va oltre a quella richiesta per raggiungere risultati d'eccellenza. Di conseguenza, anche troppi insegnanti, non fanno bene alla scuola. Le situazioni dei singoli Paesi sono tutte differenti, impossibile quindi offrire una ricetta che vada bene per tutti. Le singole variabili devono essere analizzate secondo le esigenze di ognuno, ma certo il rapporto offre un quadro generale su cui è bene è bene riflettere. Non può fornire indicazioni pratiche sui cambiamenti che si dovrebbero intraprendere, né ha esaminato l'impatto pratico che simili modifiche potrebbero avere su ogni Paese. Non è affatto detto che sia tecnicamente possibile o opportuno suggerire alla Germania di diminuire i salari dei suoi professori soltanto per accontentare un'indice statistico. Tuttavia lo studio lancia alcuni messaggi interessanti. «In un momento come questo in cui molti Paesi sono alle prese con bilanci pubblici ristretti - ha spiegato Chris Kirk, direttore esecutivo della Gems Solutions - è bene sapere che un miglioramento scolastico significativo è possibile anche a fronte di investimenti limitati».
Dello stesso avviso anche Andrea Schleicher, direttore per l'Istruzione e consulente speciale per le politiche educative del Segretario Regionale per l'Ocse di Parigi: «Questo rapporto esamina in modo nuovo i dati comparativi a livello internazionale esaminando le scelte di spesa effettuate da Paesi che conseguono risultati migliori con minori risorse - commenta - mentre la spesa per studente nel mondo industrializzato è aumentata del 30% negli ultimi dieci anni, i risultati di apprendimento nella maggior parte dei Paesi sono rimasti invariati. Coloro che considerano i servizi educativi troppo importanti per essere misurati in termini di efficienza priveranno molti bambini di un'educazione e una vita migliore».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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