L'ultimo tormentone del Novecento è decollato in Vespa

L'ultimo tormentone del Novecento è decollato in Vespa

È partita piano, quella 50 Special, perché i motorini non corrono mai per la pole position. Ma poi è arrivata prima, e pure ultima, perché allora ha sbancato ogni classifica possibile e immaginabile e poi è pure stata l'ultimo tormentone del Novecento. Dopotutto, il pezzo dei Lùnapop ha chiuso idealmente un secolo pop, portandosi dietro un'icona (la Vespa), un modo di intendere l'adolescenza e di affrontare il futuro che oggi sembrano così terribilmente vintage nonostante sia trascorso così poco tempo.

Il 1999 è stato un anno che non ti aspetti e, se ti rigiri indietro oggi, sembra un secolo fa. Bill Clinton, che oggi da pensionato fa i master super pagati, fu assolto per lo scandalo legato a Monica Lewinsky che allora era una stagista e adesso ha 46 anni. Invece D'Alema finì sotto accusa perché svacanzava in borghesissima barca a vela, incompatibile per un figlio del popolo cresciuto nel Pci a pane e Unità. E Alberto Sordi, quello che Nanni Moretti sbertucciava in Ecce bombo («Ve lo meritate Alberto Sordi...»), faceva il presidente della giuria di Miss Italia a 79 anni con la meravigliosa lievità dei fuoriclasse che se ne fregano delle piccolezze e portano grandezza ovunque vadano. Gli anni Novanta che stavano spegnendosi (ma anche gli anni Ottanta) erano quelli nei quali a un adolescente capitava di dire «Esco di fretta dalla mia stanza, a marce ingranate dalla prima alla quarta, devo fare in fretta, devo andare a una festa» perché funzionava proprio così. Si stava in casa studiando (forse) mentre si sognava di uscire perché il mondo desiderato era fuori dalla porta, prima c'erano solo le convenzioni, gli obblighi, papà e mamma che ammanettavano i sogni e aprivano i libri di scuola. Ora il mondo è anche dentro, ossia dentro uno smartphone, un laptop, per i più sfigati dentro un pc perché i social network e il web ne sono il suo ologramma, la rappresentazione fluida ma monodimensionale che si spaccia per vera. Insomma 50 Special dei Lùnapop ha già vent'anni tondi tondi ma, nell'epoca dei brani con data di scadenza come lo yogurt, si mantiene alla grande perché il motore non si è mai fuso e scorrazza ancora oggi nelle memorie di una generazione senza un graffio, uno sputtanamento o un pietoso accordo sindacale con le esigenze di carriera.

Cesare Cremonini l'ha scritta quando era un ragazzino con la mamma alle costole oppure, per meglio dire, un artista in erba con le convenzioni sociali sulle spalle, quell'accrocchio di regole dette e non dette per cui fare il musicista non è un lavoro e che cosa farai da grande. Lui, che è il fuoriclasse della sua generazione, ha ricordato che «mancavano due mesi alla maturità e mia mamma, esasperata dal mio continuo pensare alle canzoni, mi ruppe la chitarra sulla schiena. Allora andai al pianoforte e 50 Special mi uscì dalle dita». È entrata nella nostra vita.

Nell'iconografia pop la Vespa era al massimo quella sublime di Gregory Peck e Audrey Hepburn di Vacanze romane, oppure quella di culto che Jerry Calà strapazza nel Ragazzo del Pony Express. Però la Vespa è stata per un paio di generazioni anche il cavallo di razza che serviva a fuggire dalla realtà. Per farlo, spesso la si «truccava», si mettevano motori da 125cc sul telaio della 50 (non targata) e si impennava come cowboy al rodeo. Erano le «Vespe truccate anni '60, girano in centro sfiorando i 90, rosse di fuoco, comincia la danza, di frecce con dietro attaccata una targa» che non a caso iniziano il viaggio di 50 Special.

Allora i Lùnapop erano nessuno, solo cinque liceali di Bologna con un cantante che si era tinto i capelli di fucsia e aveva scritto tutti i brani. Lui era il fuoriclasse ancora acerbo ma la sua scrittura era già oltre i luoghi comuni. Da allora Cremonini non si è mai fermato, è l'artista che è cresciuto più lentamente ma anche meglio di tutti gli altri, al punto che oggi, quando canta 50 Special, lo fa in modo completamente diverso, al pianoforte, come un padre che parla al figlio adolescente. Con i Lùnapop, che non sono stati creati apposta come tante boyband, lui suonava alle feste o nelle discoteche che allora ospitavano musica dal vivo. Succede spesso ai ragazzi. Però poi c'è il bivio: da una parte il posto fisso, dall'altra la passione. Dopo aver lasciato i Lùnapop, Cremonini non ha spostato di una virgola le proprie coordinate ed è rimasto un artista anche quando, dopo i primi album solisti, si è ritrovato a suonare alle feste di piazza. Avrebbe potuto diventare l'ennesimo residuato del pop, l'inevitabile esubero di un successo fugace durato una stagione o poco più. Una meteora. Invece no, per merito anche di Walter Mameli, che è il suo produttore di sempre e forse anche il suo fratello maggiore.

In pratica, 50 Special è il manifesto del viaggio di Cesare Cremonini, magari «elaborato» all'inizio come accadeva con i motorini adolescenziali e quindi esaltato da un successo che nessuno si sarebbe previsto sulla carta. Ma poi, «a marce ingranate dalla prima alla quarta», è arrivato a riempire gli stadi da solo, senza scandaletti, senza sovraesposizione, semplicemente con la forza di canzoni che si sono prese un posto nella vita del pubblico. In poche parole, in quel settembre 1999, mentre Romano Prodi diventa presidente della Commissione europea e al Superenalotto si vincono quasi 86 miliardi di lire, i Lùnapop erano sul tetto del mondo mentre tutto il mondo stava cambiando. «Il giorno in cui uscì 50 Special presi la mia Vespa e andai in cerca del singolo in un negozio di dischi al centro borgo, fuori Bologna.

Quel viaggio me lo ricordo come una delle esperienze più forti della mia vita», ha scritto Cremonini. Era il 27 maggio o giù di lì, ma sembra ieri, anche perché Cremonini è rimasto qui, in cima ai talenti, a portare avanti con una Vespa senza graffi un talento che continua ad andare avanti «con le ali sotto i piedi».

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