I tribunali al collasso per i ricorsi dei migranti: "Arretrati fino al 2020"

Intasate le sezioni ad hoc create dal Viminale: «Quattro mesi per una procedura? Impossibile»

I tribunali al collasso per i ricorsi dei migranti: "Arretrati fino al 2020"

Dovevano servire a smaltire i ricorsi dei migranti che intasano le aule giudiziarie e a ridurre i tempi delle decisioni dei tribunali. Portandoli da 361 giorni, con punte di 500, a quattro mesi. Ma da quando sono state istituite, il 17 agosto 2017, le sezioni specializzate in Immigrazione introdotte dalla riforma Minniti sono sommerse dall'arretrato. Da Trieste a Catania, Milano, Firenze, Bologna. Il grido d'allarme arriva dagli stessi magistrati: organici insufficienti e una montagna di fascicoli che continua a crescere.

Infatti se è vero che gli sbarchi sono diminuiti nel 2017, non è vero che grazie alle «politiche migratorie» siano anche calate le pendenze giudiziarie. Anzi, è una vera «fake news», tuona la presidente della sezione di Firenze Luciana Breggia: «La lieve riduzione delle sopravvenienze nel 2017 dipende da un ridotto funzionamento delle commissioni che sono allo stremo non dalla riduzione degli sbarchi». Solo nel tribunale fiorentino pendono 5.440 ricorsi e la sezione creata ad hoc sta ancora esaminando fascicoli del 2015.«Oggi il lavoro è svolto da due giudici e mezzo e tre giudici onorari - precisa Breggia - il personale amministrativo è insufficiente». Altro che i 4 mesi fissati da Minniti per ogni procedura: «Quel termine di si è moltiplicato per 150». Stesse criticità a Venezia, dove, ha spiegato la presidente della corte d'Appello Ines Luisa Marini, «sono stati presentati 7mila ricorsi, che hanno un costo medio di 1.200 euro. Anche questi sono i costi dell'accoglienza». Al Tribunale di Trieste l'anno scorso sono stati instaurati 1.346 procedimenti. Oliviero Drigani, presidente della Corte d'Appello, nella sua relazione di inizio anno ha certificato le lacune del decreto Minniti, a partire da uno dei suoi punti cardine, quello che prevede la videoregistrazione dell'audizione del richiedente asilo. Anche questo, infatti, è rimasto lettera morta «perché il ministero dell'Interno ha ancora in corso la gara per la fornitura delle telecamere e dei sistemi di trascrizione automatica alle commissioni territoriali». Ecco perché anche qui il traguardo dei 4 mesi «diventa sostanzialmente inattuabile, per l'assenza della strumentazione tecnica». Stesso cahier de doleances in Sardegna, una delle zone di maggior afflusso di migranti: la presidente della corte d'Appello di Cagliari Gemma Cucca, avverte che «le sezioni specializzate stanno già prospettando la difficoltà di rispettare il termine stabilito. La riforma è attuata senza alcuna risorsa aggiuntiva». A Milano, per affrontare una media di 4mila ricorsi all'anno, la nuova sezione, che al suo avvio si è ritrovata con 3.389 procedimenti pendenti, «ha richiesto un assorbimento rilevante di risorse sottratte ad altri settori della giurisdizione civile».

A Torino, il presidente della Corte d'Appello Edoardo Barelli Innocenti smonta le «rosee previsioni del governo»: nonostante la riforma abbia abolito la possibilità per il migrante di fare appello in secondo grado, i procedimenti vecchi «continueranno almeno fino a tutto il 2020, ben oltre le rosee previsioni del ministero della Giustizia che prevedeva l'esaurimento entro il 2018!». Così, i migranti continuano ad aspettare. Ciascuno di loro costa allo Stato 19mila euro per 18 mesi di permanenza.

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