I veti incrociati bloccano la Costituente centrista

I veti incrociati bloccano la Costituente centrista

Roma«Godot oggi non verrà, ma verrà domani». Se il Signor Godot continua a farsi aspettare, anche la Costituente popolare non scherza. Le prime evocazioni di questo soggetto politico risalgono addirittura al giugno 2013, poche settimane dopo le elezioni politiche. Successivamente con la scissione di Ncd dal Pdl il progetto iniziò ad essere definito con maggior cura e venne fissata una scadenza per il maggio 2014. Da allora il traguardo viene spostato in avanti, mese dopo mese.

La Costituente popolare, la creatura che dovrebbe unire Ncd, Udc, Popolari per l'Italia e parte di Scelta civica sta assumendo ormai contorni misteriosi. La settimana scorsa è stato fissato un tavolo delle regole, coordinato da Dore Misuraca, per definire lo statuto nazionale e creare un gruppo di lavoro incaricato di stilare una lista unitaria in Calabria. I soggetti interessati stavolta usano toni perentori. Sostengono che non sono possibili altri rinvii e bisognerà davvero chiudere la questione entro il 15 di ottobre. In realtà i nodi di potere e di strategia politica ancora irrisolti non mancano.

Ncd, ad esempio, dovrebbe lasciare una poltrona di capogruppo - o quella di Maurizio Sacconi al Senato o quella di Nunzia De Girolamo alla Camera - all'Udc e comprensibilmente non si tratterà di una scelta facile. Inoltre Renato Schifani vorrebbe tornare ad acquisire un ruolo di primo piano. L'Udc - come sottolinea formiche.net che sta da tempo seguendo la vicenda - teme che la creatura assuma contorni fortemente «Ncd-centrici» e si muove con prudenza sul terreno della trattativa. Inoltre politicamente ed elettoralmente parlando, una domanda resta insoluta: come differenziare l'offerta politica di questo nuovo contenitore centrista da quella del governo Renzi e riuscire là dove tanti esperimenti simili hanno fallito?

L'approdo finale, in teoria, dovrebbe essere quello della costruzione di un partito unico: una forza di centro capace di incidere maggiormente rispetto a quanto non riescano a fare i singoli soggetti in termini di peso politico e capacità di proposta. La fusione appare, però, come una opzione di lungo termine. Altro discorso, almeno apparentemente, per quanto riguarda la creazione di gruppi comuni. Ma anche qui ci si scontra con le resistenze interne e con la complicata ricerca della perfetta «formula del bilancino». La conseguenza è che si naviga in alto mare anche su questo fronte.

L'opzione più percorribile appare allora la creazione di semplici «intergruppi», in sostanza la definizione di una regia politica permanente, un primo nucleo di una futura creatura che possa sovraintendere all'avvio della famosa Costituente e dare seguito al «manifesto» già varato. Un ottimo modo per nicchiare e tirarla per le lunghe. In attesa di trovare qualche buona ragione per trasformare l'eterna incompiuta in un vero progetto politico.

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