Ilva, Di Maio minaccia Arcelor: "Non la cederemo a chiunque"

Il nodo resta l'occupazione. Nuovo incontro dopo il 20 agosto

Ilva, Di Maio minaccia Arcelor: "Non la cederemo a chiunque"

«Io non mollo l'Ilva a chiunque». Il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio resta fermo sulle proprie posizioni all'indomani dell'ennesimo incontro (senza esito) per la cessione dell'Ilva alla cordata Am Investco, guidata dai franco indiani di Arcelor Mittal (85%). Così, nella guerra di posizione tra il governo e l'azienda acquirente che si è aggiudicata la gara un anno fa, Di Maio prende nuovamente tempo per spuntare condizioni migliori agitando lo spauracchio dell'annullamento e chiamando in causa l'Avvocatura di Stato. Ma Arcelor Mittal, almeno sul fronte occupazionale, non si muove di un passo. Perché? Il colosso franco indiano ha diversi assi nella manica, primo fra tutti quello di poter intentare verso lo Stato italiano una causa miliardaria. Secondo fonti vicine alla società, il contratto firmato dalla cordata vincitrice con l'ex esecutivo Gentiloni è blindato. «Non sarebbero previste penali in modo esplicito, ma il contratto sarebbe di fatto inscindibile. Così - spiega la fonte - Arcelor Mittal, in caso di rottura dell'impegno contrattuale, potrebbe adire le vie legali, nello specifico la magistratura ordinaria, e intentare una causa miliardaria». Nel frattempo il dossier Ilva finirebbe in un vicolo cieco, nessuna società alternativa si avvicinerebbe a Taranto con una causa pendente. E l'intera partita, compresi i suoi 14.200 lavoratori, sarebbero a carico dello Stato. Un pericoloso boomerang per Di Maio che su Taranto non può permettersi scivoloni. Un altro asso nella manica dei franco indiani è il tempo, Arcelor Mittal sa bene che la cassa dell'amministrazione straordinaria ha i giorni contati: l'esaurimento è per settembre. Inoltre, dai documenti depositati dai commissari si evince che a dicembre il saldo sarà negativo per 132 milioni di euro. Soldi che, in caso di un nulla di fatto, dovranno arrivare dalle casse pubbliche. Insomma, il rischio di gravi conseguenze economiche sul bilancio statale è altissimo.

Nonostante Di Maio faccia il tifo per AcciaItalia, la cordata uscita sconfitta dalla gara, non sembra esserci attualmente la disponibilità di un ritorno in campo di quegli attori che si erano uniti in precedenza. Così, dopo l'incontro di ieri al ministero dello Sviluppo economico, Arcelor Mittal e Mise avvieranno in questi giorni un approfondimento per riconvocare di nuovo le parti dopo il 20 agosto. Ieri Di Maio, così come aveva fatto per il piano ambientale, ha detto che anche il piano occupazionale prospettato da Mittal non è quello che si aspetta il governo. Ha quindi invitato la multinazionale a superare quanto concordato con l'ex ministro Carlo Calenda, ovvero 10mila assunti e circa 4mila esuberi.

In attesa di novità, la tentazione di usare la Cassa depositi e prestiti

come fulcro di una nuova cordata resta all'orizzonte. Ma nuovi imprenditori non si sono fatti avanti e l'alternativa sarebbe una totale nazionalizzazione, anch'essa dal rilevante peso economico per il bilancio dello Stato.

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