Immigrati, a Mineo numeri gonfiati per truffare lo Stato

Sei indagati tra funzionari del Cara e coop: incassati un milione di rimborsi non dovuti

A ncora cooperative coinvolte, ancora gente che lucra sugli immigrati, ancora il Cara di Mineo nel mirino della magistratura. Parte da una costola di Mafia Capitale l'ultima inchiesta della Procura di Caltagirone sul centro richiedenti asilo in provincia di Catania, il più grande d'Europa. Questa volta l'ipotesi dei magistrati è che tra il 2011 e il 2015 il numero degli immigrati ospitati dal Cara sia stato gonfiato dalle ditte che gestivano i servizi all'interno del centro per intascare maggiori contributi pubblici. Una truffa da oltre un milione di euro che vede il coinvolgimento di soggetti già tirati in ballo nello scandalo che ha travolto la Capitale nel novembre del 2015.

Sei persone - tra funzionari, impiegati del Cara e vertici delle coop - sono state indagate per falsità ideologica commessa da pubblico ufficiale in atti pubblici e per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni dello Stato e dell'Unione Europea. Indagando sulla regolarità della gara per la gestione triennale del Cara di Mineo, indetta il 24 aprile del 2014 per un importo di 97 milioni di euro e poi ritenuta illegittima dall'Anticorruzione di Raffaele Cantone, gli investigatori sono finiti ad analizzare la contabilità relativa alle presenze giornaliere dei migranti ospiti del Cara finalizzata a liquidare l'ente gestore e si sono accorti che gli importi rendicontati e corrisposti erano superiori a quelli dovuti. È grazie ai badge che vengono consegnati ai richiedenti asilo per entrare e uscire dal centro e per poter usufruire dei servizi, per i quali la prefettura paga 35 euro al giorno a ospite, che i pm sono riusciti a riscontrare elettronicamente delle discrepanze tra le dichiarazioni fornite sul numero dei migranti e le effettive presenze. Talvolta gli indagati hanno gonfiato i numeri certificando la presenza di immigrati che non erano più a Mineo da tempo. E poiché attraverso i badge le assenze sono registrate in via informatica nel sistema del Cara, l'incoerenza con i dati forniti in cartaceo alla prefettura è apparsa subito evidente. Gli agenti della squadra mobile di Catania hanno effettuato perquisizioni e sequestri anche fuori dalla Sicilia. Nei guai sono finiti il direttore e la contabile del Cara, Sebastiano Maccarrone e Andromaca Varasano; Salvo Calì e Roberto Roccuzzo, presidente del consiglio di amministrazione e consigliere delegato della cooperativa Sisifo, il primo già tirato in ballo da Luca Odevaine, l'uomo di Mafia Capitale nel mondo dell'immigrazione; Giovanni Ferrera, direttore generale consorzio Calatino Terra d'accoglienza; Cosimo Zurlo, amministratore del consorzio di cooperative «Casa della solidarietà».

Ieri, intanto, a Roma, giornata di audizioni «eccellenti» al processo per Mafia Capitale. Sono stati ascoltati il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e il viceministro dell'Interno Filippo Bubbico. Poletti ha ammesso di conoscere Buzzi e di averlo incontrato in quanto presidente di una coop importante, Bubbico invece h detto di non averlo mai conosciuto.

Lo stesso ha affermato il prefetto Mario Morcone, che ha parlato anche di Odevaine come di una persona per bene, in grado di risolvere problemi, tanto da rimanere sorpreso dal suo coinvolgimento nell'indagine. Sentito anche l'ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro: «Nessuna pressione da Buzzi».

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