Impeachment, repubblicani alla prova

In dieci hanno votato alla Camera contro Trump. Ma al Senato ne servono 17

Impeachment, repubblicani alla prova

New York Dopo il via libera della Camera, la palla dell'impeachment di Donald Trump passa al Senato, ma solo dopo l'insediamento di Joe Biden il 20 gennaio. La chiave di volta del procedimento potrebbe essere il senatore leader dei repubblicani Mitch McConnell, il quale in privato avrebbe rivelato di vedere di buon occhio la messa in stato di accusa (pur se ufficialmente ha detto di non aver ancora deciso come votare). Alla Camera, invece, ai 222 democratici che si sono espressi per l'impeachment si sono uniti 10 membri del Grand Old Party, anche se in realtà si pensava che potessero essere una ventina i deputati Gop a favore. Le crepe nel partito ci sono, ma al Senato per approvare l'impeachment serve la maggioranza dei due terzi, soglia difficile da raggiungere se non crescerà sensibilmente la fronda dei repubblicani che vogliono voltare le spalle a Trump.

Il tycoon nel frattempo, primo Comandante in Capo nella storia Usa a essere messo sotto accusa due volte, viene descritto da fonti dell'amministrazione come sempre più isolato, scontroso e vendicativo. A meno di una settimana dalla fine del suo mandato sarebbe infuriato per il fatto che i suoi alleati più stretti - dal vice presidente Mike Pence alla portavoce Kayleigh McEnany, dal genero consigliere Jared Kushner al consigliere economico Larry Kudlow, dal consigliere economico Larry Kudlow al capo di gabinetto Mark Meadows - non lo hanno difeso a sufficienza dopo l'assalto al Campidoglio. E starebbe traballando persino il rapporto con uno dei suoi fedelissimi, l'avvocato personale Rudy Giuliani. The Donald, secondo il Washington Post, ha ordinato ai suoi collaboratori di non pagare gli onorari di Giuliani e ha chiesto di approvare personalmente ogni rimborso per le spese sostenute dal legale mentre viaggiava negli stati contesi per contestare i risultati delle elezioni. Inoltre, non avrebbe apprezzato la parcella chiesta dall'ex sindaco di New York, pari a 20mila dollari al giorno (cifra che lo renderebbe il legale più pagato del mondo).

Trump, comunque, per la prima volta ha condannato «inequivocabilmente» la violenza dell'assalto al Congresso e lanciato un appello agli americani a «superare gli impeti del momento». «Coloro che sono stati coinvolti negli attacchi saranno portati davanti alla giustizia - ha assicurato - Che siate di destra o di sinistra, democratici o repubblicani, non ci può mai essere giustificazione alla violenza. Nessuna scusa, nessuna eccezione». Per l'ex capo dell'Fbi James Comey, il presidente eletto «dovrebbe almeno considerare la grazia» a Trump per «tentare di riappacificare il paese e consentirgli di concentrarsi sulle cose che contano». Come fece nel 1974 Gerald Ford nei confronti di Richard Nixon per lo scandalo Watergate. Trump «dovrebbe andare in galera», ha precisato Comey (silurato dal tycoon all'inizio del mandato), ma «perseguire le sue responsabilità non è nel migliore interesse della nazione». Biden non arriverà come aveva programmato a Washington in treno per il giuramento, lo stesso mezzo con cui ha fatto il pendolare per 30 anni da senatore. Alcune fonti hanno evocato con la Cnn motivi di sicurezza dopo l'assalto al Congresso e le minacce di nuove proteste armate.

Nella capitale sono state adottate rigide misure di emergenza per evitare nuove violenze: nel centro è stata istituita una zona di sicurezza e sono stati richiamati oltre 20mila soldati della Guardia Nazionale. L'intero National Mall, dove i cittadini si radunano per assistere all'Inauguration Day, sarà chiuso al pubblico, e le autorità stanno riflettendo se vietare l'ingresso anche nei giorni precedenti.

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