Incontentabili e molesti. Ecco dieci clienti che i ristoratori odiano

C'è chi arriva a orari improbabili e chi sposta i tavoli "così ci stiamo". E gli ultrà del salutismo

Incontentabili e molesti. Ecco dieci clienti che i ristoratori odiano

Quello che i ristoratori non dicono è che noi clienti siamo spesso insopportabili. Siamo restii a prenotare e quando lo facciamo diamo spesso buca. Facciamo i capricci, spostiamo i tavoli, pretendiamo di modificare a piacimento il menu, di portare cani e neonati. E se riteniamo di non essere stati soddisfatti appieno, lasciamo commenti indignati su Tripadvisor: vergogna!1!1!

Qualche giorno fa un ristoratore, socio e padrone di casa di una delle trattorie di maggior successo di Milano - un luogo sempre pieno e molto ambito dai foodies meneghini - ci raccontava dei clienti più bizzarri e capricciosi che gli siano capitati, di cui lui ha compilato una sorta di catalogo. Parlando nei giorni successivi con alcuni suoi colleghi - chef e maître - abbiamo scoperto che alcune figure mitologiche sono tristemente note nel mondo della ristorazione, e tendenzialmente evitate come la peste. Abbiamo deciso di descriverle, un po' per curiosità e molto perché dobbiamo sapere quello che l'oste pensa di noi.

Il fantasma. È la figura più temuta. Prenota (o fa prenotare dal concierge dell'hotel, se straniero) e semplicemente non si presenta. Se viene richiamato al cellulare non risponde o appare seccato come se la prenotazione non fosse un contratto verbale tra cliente e ristoratore ma un servizio a disposizione del commensale. Si chiama «buca», a Roma «sòla», in gergo «no show» ed è un danno per il ristoratore e anche per il cliente corretto, visto che i relativi costi finiscono per pesare anche sul conto di chi invece al ristorante si presenta.

Vieni avanti creativo. Sembra davvero intenzionato a mangiare là, ma vole dettare le sue regole. «Ho un tavolo prenotato per due questa sera. Si sono aggiunte altre sei persone. Non è un problema, vero?». «Ho un tavolo per otto stasera. Posso spostare a domani?». «Vorrei un tavolo per due a qualsiasi ora. Come dice, alle 19,45? Troppo presto. Alle 21,45? Troppo tardi». «Siamo in cinque invece che in quattro ma magari ci stringiamo». Parenti stretti.

Svizzera addio. Prenota un tavolo per le 21,45 ma si presenta alle 20,15. «Eravamo in zona, è un problema mangiare prima?».

Attenti al cane. Si presenta con un alano e un pastore tedesco. «Davvero dovevo avvertirvi dei cani?».

Ogni uomo è un'isola. Non è mai convinto del posto assegnato. «Ha un tavolo che non sia al centro della sala ma nemmeno attaccato al muro? Magari anche un po' appartato»

L'incontentabile. Pretende le patate fritte per il bambino. «Ma signora, noi non le facciamo». «Ma figuriamoci se non le avete...». Si presenta in un locale che ha nell'insegna il nome di un piatto di interiora e si schifa perché è vegano. «Ma come non fate la quinoa!».

È arrivato il designer. Prenota per quattro, arrivano in sei. E lui assume un'aria pratica e riorganizza in quattro e quattr'otto la sala. «Se spostate quel tavolo qui, aggiungete quell'altro là e ruotate questo in questo modo ci stiamo tutti». Ah, ecco.

La coerenza prima di tutto. Dichiara dogmi alimentari, allergie, intolleranze, gusti e disgusti che è subito pronto ad abiurare. Ordina tortelli di zucca «ma senza zucca». Chiede del pane per celiaci ma nel frattempo mangia senza battere ciglio della panzanella. Rifiuta sdegnosamente ogni piatto con formaggio proclamandosi intollerante al lattosio ma poi ordina il tiramisù. «Ma signora, le farà male». «Ma no, è per dolce».

Pe' fa' la vita meno amara. Pretende l'amaro offerto dalla casa e quando ottiene il via libera chiede un whisky torbato da 10 euro al bicchiere.

I conti non tornano. «Dividiamo per quattro ma ognuno paga quello che ha mangiato. Possiamo dire a te?».

Magari anche no.

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