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"Litigheremo nel 2023". Cosa si sono detti Renzi e Letta

Continuano gli incontri tra i leader politici con lo scopo di trovare un accordo per l'elezione del prossimo capo dello Stato

"Litigheremo nel 2023". Cosa si sono detti Renzi e Letta

Incredibile a dirsi, ma anche Enrico Letta e l'uomo che lo ha reso poco sereno, nonostante le rassicurazioni, potrebbero riuscire a trovare un accordo pur di rimanere in sella almeno fino al prossimo anno. "Poi litighereno nel 2023", ironizza Matteo Renzi durante un'intervista concessa a "L'aria che tira".

In data odierna, infatti, il segretario dem e l'ex sindaco di Firenze si sono incontrati a palazzo Giustiniani per discutere in merito all'elezione del nuovo capo dello Stato. "Bisogna parlare con tutti, non è inciucio. Letta chiede un patto di legislatura, è un po' quello che chiedo io", dichiara l'ex premier durante l'ospitata su La7. "Mettiamoci d'accordo per l'interesse del Paese, poi litigheremo nel 2023", aggiunge. Ma cosa potrebbe accadere in Parlamento durante le votazioni finalizzate ad eleggere il nuovo capo dello stato? Renzi chiosa e preferisce rimanere vago. "Ci sono tre o quattro ipotesi, è complicato ma giovedì o venerdì avremo il presidente della Repubblica", rassicura."Non vi preoccupate se ora c'è una girandola di nomi".

Tra i papabili anche il presidente di Forza Italia Silvio Berlusconi, a cui, tuttavia, l'ex primo cittadino di Firenze chiude le porte definitivamente:"Se mi chiama, gli dico quello che penso, e cioè che questa partita non è per lui, non ha i numeri. Avrebbe potuto fare il king maker. Berlusconi non è della partita". Girandola di nomi e accordi sottobanco, ma ancora nessun nome pare spiccare su tutti gli altri. "Siamo abbastanza in alto mare, ma è normale", ammette Renzi, che invece pare pronto a stendere un tappeto rosso alla candidatura di Draghi: "Può essere il garante della politica e della nostra stabilità atlantica per sette anni. Se accadrà non sarà un politico a fare il presidente del Consiglio ma una figura che va bene a tutti". La conditio sine qua non resta, comunque, quella che il governo non deve cadere, qualunque cosa accada. Quindi se l'ex presidente della Bce salisse al colle si dovrebbe comunque trovare un accordo tra le parti per proseguire con il medesimo esecutivo e non tornare alle urne, con Draghi presidente della Repubblica a fare da garante. "O c'è uno schema che porta Draghi al Colle e un governo con una caratura politica, o Draghi resta a Palazzo Chigi e al Colle va una figura che prenda il consenso più ampio possibile", ammette infatti l'ex premier. Anche Casini, tuttavia, sarebbe un'opzione valida per Renzi:"È una buona idea".

L'ex sindaco di Firenze parla anche del segretario della Lega. "Deve decidere lui, penso che abbia diversi nomi in testa", dichiara Renzi. "Sarà un weekend di incontri e razionalmente nelle prossime ore Matteo Salvini dovrà decidere come giocare perché questa leadership numerica diventi leadership politica, per portare a casa il risultato", aggiunge.

Per quanto concerne, invece, l'esclusione dall'incontro avvenuto tra Giuseppi, Speranza e Letta, l'ex premier non si dice sorpreso. "La mia idea di centrosinistra è leggermente diversa da quella di Conte", affonda Renzi. "Conte sostiene di essere di centrosinistra ma ha un omonimo che ha firmato i decreti sicurezza.

Quando il centrosinistra era una cosa diversa, non c'erano i grillini", conclude.

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