Indagato per evasione fiscale Adesso Luttazzi non ride più

Il comico non avrebbe pagato 140mila euro di Irpef sui diritti d'immagine grazie alla sua società di servizi: il reato è punito da 18 mesi a sei anni

Indagato per evasione fiscale Adesso Luttazzi non ride più

L' oblio è finito. Dopo tanto tempo torna alla ribalta Daniele Luttazzi, ma non con la sua nota e feroce satira antiberlusconiana. Torna sulla scena come non avrebbe mai voluto fare, protagonista di un'inchiesta penale per frode fiscale. Questa volta, è certo, avrebbe preferito continuare a starsene ancora un po' dietro le quinte piuttosto che doversi difendere da un reato così antipatico.

È la Procura di Civitavecchia a contestarglielo, competente perché il comico è residente a Fregene, una località di mare a due passi da Roma, che fa però parte del Comune di Fiumicino. Sul fascicolo il nome Luttazzi non compare, quello è il nome d'arte, il vero nome è Daniele Fabbri. Il pubblico ministero Lorenzo Del Giudice lo ha iscritto nel registro degli indagati dopo aver ricevuto un rapporto della Guardia di Finanza che aveva indagato sulla gestione dei diritti di immagine dell'artista: un controllo di routine, gli investigatori che frugano tra la documentazione contabile della società di servizi che gli amministra gli interessi professionali, gli illeciti fiscali che saltano fuori, il superamento della soglia oltre la quale le irregolarità non sono più punibili con sanzioni amministrative ma diventano reato penale. Una storiaccia, soprattutto per uno come lui abituato in Tv a castigare il malcostume altrui e poi per tanto tempo, prima del lungo periodo di clandestinità, assurto al pantheon dei martiri mediatici.

La verifica fiscale delle Fiamme Gialle è terminata nel 2013, la Procura ha chiuso in fretta le indagini e ora deve essere fissata l'udienza preliminare davanti al Tribunale. Sotto accusa è la società di servizi di Luttazzi, la Krassner Entertainment, che gli gestisce i diritti e che attraverso una falsa rappresentazione nelle scritture contabili gli avrebbe consentito di evadere l'Irpef per circa 140mila euro. Un escamotage a cui sono ricorse molte celebrities per dribblare il fisco, per cifre di diversa entità. Il meccanismo è semplice, anche se la materia è tecnica e si presta a interpretazioni diverse. Si creano società fiduciarie per cedere a se stessi i diritti di sfruttamento della propria immagine con un notevole vantaggio fiscale visto che le persone giuridiche hanno aliquote decisamente più vantaggiose rispetto alle persone fisiche. E spesso accade che le società dei divi siano delle scatole vuote, create solo per la gestione dei diritti di immagine. In questo caso scattano le sanzioni.

A Luttazzi viene contestata la violazione del decreto legislativo n. 74 del 10 marzo 2000, che disciplina i reati in materia di imposte sui redditi. L'articolo 3, per la precisione (dichiarazione fraudolenta mediante artifici), che viene punita con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. Nel frattempo la Procura ha disposto il sequestro conservativo di un conto corrente riconducibile al comico per garantire, nel caso si arrivasse ad una condanna, il recupero dell'importo equivalente all'imposta evasa.

L'avvocato Andrea Parlatore, che da sempre assiste l'artista, minimizza.

«Si tratta di un grande equivoco - dice - se c'è persona rigorosa e attenta al rispetto della legge è Luttazzi, che in questo momento proprio non sentiva la necessità di un processo. Si tratta di capire se le società di servizi di cui si avvalgono gli artisti siano legittime oppure no».

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