La famiglia kamikaze non l'avevamo ancora vista nell'orribile panorama degli attentati jihadisti. Il papà si è fatto saltare in aria con un'autobomba. I giovani figli maschi hanno usato delle moto kamikaze. E la madre ha preferito la cintura esplosiva assieme alle sue due bambine. Per la prima volta un'intera famiglia seguace dello Stato islamico ha lanciato tre attacchi suicidi separati, ma coordinati, contro altrettante chiese in Indonesia. Il bilancio è di 13 morti, compresi gli attentatori e 41 feriti.
Il terrorismo familiare è follemente scattato ieri, alle 7.30 locali, a Surabaya, la seconda città dell'Indonesia. Il triplice attacco è stato volutamente lanciato di domenica, quando la minoranza cristiana nel primo Paese al mondo per popolazione musulmana (227 milioni di islamici) va a messa. I primi ad attaccare sono stati i figli maschi di 16 e 18 anni. In sella a una motocicletta imbottita di tritolo il più grande è stato filmato da una telecamera di sicurezza mentre sterza infilandosi nella stradina che porta alla chiesa di Santa Maria. Subito dopo il video mostra la fiammata e il fumo grigiastro dell'esplosione. Il papà, quasi in contemporanea, si è lanciato al volante di un'autobomba contro la chiesa pentecostale di Surabaya. La deflagrazione ha seminato morte e distruzione provocando un incendio. I passanti hanno filmato con i telefonini le vittime fatte a pezzi e alcuni feriti insanguinati o a terra, che non riescono da alzarsi e parlare.
L'attacco più atroce della famiglia di kamikaze è quello della madre, Puji Kuswati. La jihadista nascondeva sotto il velo integrale la cintura esplosiva e teneva per mano le due figlie di 9 e12 anni. L'obiettivo era la chiesa di Cristo. Un testimone ha riferito che poco prima di farsi saltare in aria, una delle bambine sarebbe corsa via. L'esplosione, che ha ucciso la madre e la sorellina, l'avrebbe solo ferita.
La famiglia kamikaze faceva parte del gruppo jihadista Jemaah Ansharut Daulah fondato da Oman Rochman, in carcere da anni, che ha giurato fedeltà al Califfato. Secondo i media indonesiani la famiglia del terrore aveva raggiunto la Siria aderendo allo Stato islamico oppure era stata fermata, forse in Turchia, prima di riuscire a varcare il confine. Dei quasi 5mila volontari della guerra santa bloccati dalle autorità di Ankara gli indonesiani, con 435 arresti, sono al secondo posto dopo i ceceni. Si stima che fra 1000 e 2000 jihadisti siano partiti dall'Indonesia per arruolarsi nel Califfato. E dopo la sconfitta delle bandiere nere nell'ultima roccaforte di Raqqa, lo scorso anno, stanno cercando di rientrare in patria. Il triplice attacco alle chiese è stato rivendicato dallo Stato islamico, ma l'Indonesia era già in stato di allerta in vista del Ramadan, che inizia martedì. I seguaci del Califfo con gli occhi a mandorla avevano annunciato gli attacchi. E negli ultimi giorni è scoppiata una sanguinosa rivolta in un carcere a sud si Giakarta, la capitale, rivendicato dallo Stato islamico, anche se le autorità hanno smentito la matrice jihadista. Papa Francesco ha duramente condannato gli attentati pregando all'Angelus in piazza San Pietro «per la comunità cristiana dell'Indonesia».
Se in Asia un'intera famiglia è riuscita a farsi saltare in aria, in Inghilterra è iniziato il processo alla madre con le figlie jihadiste che volevano attaccare il Parlamento ed il Museo britannico. Mina Dich ha addirittura comprato un set di coltelli per la figlia di 22 anni Rizlaine Boular, che doveva lanciarsi contro i turisti.
La sorella, Safaa Boular, a 16 anni voleva partire per la Siria adescata in rete da un aitante jihadista da Raqqa. Le autorità l'hanno bloccata in tempo. La ragazzina, per rappresaglia, ha preparato un piano per assaltare il Parlamento a Londra a colpi di bombe a mano.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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