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"Infelici su Zan, pensiamo al lavoro. Draghi premier anche dopo il 2023"

L'esponente di Base riformista: "Serve all'Italia più a Chigi che al Colle. Alle urne con una maggioranza trasversale"

"Infelici su Zan, pensiamo al lavoro. Draghi premier anche dopo il 2023"

Il ddl Zan? «Una bandierina», i franchi tiratori? «Bisogna cercare tra gli ex grillini e nel M5s», Draghi al Quirinale o a Chigi? «Premier anche dopo il 2023» e la legge elettorale? «Proporzionale con soglia di sbarramento alta». Andrea Marcucci, senatore del Pd, ex capogruppo a Palazzo Madama e tra gli animatori della corrente dem Base Riformista, ripercorre con il Giornale gli ultimi episodi turbolenti all'interno del centrosinistra, con un occhio vigile alla partita dell'elezione del successore di Sergio Mattarella.

Partiamo dal ddl Zan, affossato giovedì al Senato, il Pd deve fare autocritica?

«Non si è voluto sviluppare dall'inizio una strategia parlamentare. Ho avuto la sensazione che il ddl Zan servisse più come bandierina, che come legge dello Stato, un po' lo stesso meccanismo della tassa di successione. Un prodotto buono per la propaganda, sacrosanto nel merito, ma non per il processo legislativo».

Perché si è voluto evitare un confronto che portasse all'approvazione della legge?

«Il segretario Letta a maggio scorso partecipò ad un'assemblea del gruppo Pd in Senato e dichiarò quel disegno di legge immodificabile in quella seconda lettura parlamentare. Ma in Parlamento si cercano i compromessi, nelle piazze si possono fare i comizi».

Dove stanno i franchi tiratori?

«Sono convinto che nel Pd non ci sia stato nessun franco tiratore. Come ha detto Dario Stefano, bisogna cercare nel magma degli ex grillini e nelle stesse tensioni del M5S, poi certo troppe assenze in Italia Viva, inclusa quella di Matteo Renzi».

Il voto sul ddl Zan è stato un avvertimento per l'elezione del capo dello Stato?

«Questa volta avrà un peso significativo la frammentazione dei gruppi. Comunque prendiamolo come un monito: a febbraio bisognerà evitare in tutti i modi passi falsi, che rischierebbero di essere particolarmente rovinosi».

Mario Draghi al Quirinale o a Palazzo Chigi?

«Draghi serve all'Italia più da Palazzo Chigi che dal Quirinale. A me piace pensare ad una maggioranza trasversale, che si impone nelle urne, e gli consente di fare un altro mandato da premier».

Come giudica le frasi di Letta sulla «rottura di fiducia» con Renzi dopo il voto sul ddl Zan?

«Mi pare che lo stesso segretario si sia già parzialmente corretto, comunque la penso allo stesso modo del ministro Guerini. Le alleanze per il Quirinale non si costruiscono sugli strascichi dell'infelice esito del ddl Zan, servirà avere anche solo un voto in più. Stesso ragionamento per le elezioni politiche, che io spero siano celebrate con un diverso sistema elettorale, un proporzionale con soglia di sbarramento alta».

Come evidenziato di recente da Romano Prodi, non crede che il Pd debba parlare di più di lavoro e crescita e non solo di diritti civili?

«Non è la prima volta che la penso come il Professore. I temi della crescita e dell'occupazione sono determinanti. Per questo l'agenda Draghi, come sostiene anche il ministro Brunetta, è fondamentale. Allo stesso tempo, i diritti devono rimanere centrali per il Pd».

Qual è il ruolo di Base Riformista nel dibattito interno al Pd?

«La funzione della critica costruttiva.

Vedo in giro troppi partiti personalistici, noi non lo siamo, ma quando sento anche tra di noi la voglia di recinti identitari, mi allarmo».

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