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Inferno carceri, più feriti e tentati suicidi. L'allarme dei sindacati: mancano gli agenti

Sono in aumento aggressioni, atti di autolesionismo e problemi psichiatrici

Inferno carceri, più feriti e tentati suicidi. L'allarme dei sindacati: mancano gli agenti

Milano Una lametta alla gola e una forbice per minacciare il poliziotto in servizio nel reparto isolamento del carcere di Bollate, alle porte di Milano. Poi i due detenuti hanno imbavagliato l'agente, lo hanno legato e chiuso in un cella. Il loro scopo, secondo il Sappe, il sindacato della polizia penitenziaria, era uccidere un altro detenuto. L'intervento di colleghi e ispettori di polizia penitenziaria ha salvato la vita del detenuto e liberato il poliziotto. Accadeva domenica scorsa in una delle carceri modello della Lombardia e d'Italia.

Racconta come la violenza abiti anche laddove il recupero dei detenuti è sempre stato e rimane il primo obiettivo. A maggior ragione l'allarme è nazionale, come testimoniano i dati della sezione statistica del Dap (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) forniti dal Sappe sull'aumento di quelli che in asettici termini tecnici sono chiamati «eventi critici»: 10.423 atti di autolesionismo rispetto ai 9.510 del 2017, 1.198 tentati suicidi sventati in tempo dalle donne e dagli uomini della polizia penitenziaria (1.135 nel 2017), 7.784 colluttazioni. Vuol dire che tre persone tentano il suicidio e ventuno persone compiono o subiscono ogni giorno atti di violenza. Alto il numero di ferimenti (1.159) e anche 5 tentati omicidi, mentre nel 2017 erano stati 2. Uno scenario da incubo, con i detenuti che preferiscono la morte alla detenzione e i poliziotti, sempre troppo pochi, impegnati in un'emergenza continua. Il Sappe contesta «il regime penitenziario aperto e la sensibile riduzione di controlli da parte della polizia penitenziaria», oltre che «la mancanza di agenti di polizia penitenziaria».

Fabrizio Rinaldi, direttore del carcere di Bollate, durante un'audizione dello scorso ottobre alla Commissione carceri della Regione Lombardia, ha invece sottolineato come «si è rilevato un abbattimento sensibile dei tassi di recidiva», come dire che la vita più aperta a esperienze di recupero di Bollate ha portato risultati positivi. Certo, l'appello di Rinaldi è stato e rimane forte e chiaro: «C'è il problema di una carenza d'organico del personale di polizia a cui si sta lavorando ormai da anni e in questo momento l'attenzione deve essere proprio per il personale di polizia». Il carcere di Bollate è una piccola città: ospita circa 1.200 persone, quasi tutte in esecuzione pena. È significativa la presenza di detenuti con problemi di alcolismo e tossicodipendenza: 360 persone sono prese in carico dal Sert (il Servizio per le tossicodipendenze) interno. Più di una persona su quattro è alcolista o dipendente da droghe. E resta l'allarme sovraffollamento.

In molte carceri italiane, delle quali san Vittore è simbolo, è prioritario il tema dell'aumento dei detenuti con gravi problemi psichiatrici: per gli operatori è difficile, anche per gli educatori più impegnati e nonostante la presenza del Comp, il Centro di osservazione psichiatrica, gestire una situazione sempre più complessa.

Dietro i numeri si nascondono volti e sofferenze.

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