Inflazione troppo bassa: così addio crescita

L'esultanza di Renzi per il Jobs Act e per la presunta svolta alla crescita è contraddetta dai dati sui consumi

Inflazione troppo bassa: così addio crescita

In agosto l'indice dei prezzi al consumo è aumentato dello 0,2% sia su luglio 2015 che sull'agosto 2014. Il piccolissimo aumento in questione, che è indice di una ripresa debole, a sua volta, è una media aritmetica fra l'aumento del prezzo dei servizi e la riduzione del prezzo dei beni di consumo. Infatti, rispetto all'agosto 2014, i prezzi di questi beni fanno registrare una flessione pari allo 0,5%, mentre a luglio la flessione sul luglio 2014 era dello 0,3. Ciò perché, quest'anno fra luglio e agosto, i prezzi dei beni di consumo sono scesi dello 0,1. Questa riduzione di prezzi dei beni di consumo si può spiegare soprattutto con la debolezza della domanda.

L'esultanza di Renzi per il Jobs Act e per la presunta svolta alla crescita è contraddetta da questi dati. Se la domanda interna fosse sostenuta i consumatori avrebbero aumenti di redditi da spendere e i prezzi dei beni finali non scenderebbero. Salirebbero o rimarrebbero stazionari. I costi dei mezzi di produzione non sono scesi. È vero che c'è stata la diminuzione marcata dei costi delle materie prime petrolifere. Ma il tasso di cambio dell'euro sul dollaro si è indebolito di un 20% circa e ciò avrebbe dovuto generare una spinta al rincaro dei beni importati, capace di riflettersi sui prodotti domestici.

Così non è stato anche perché la domanda di beni intermedi è debole. Le imprese soggette alla concorrenza, per vendere i loro beni, devono ridurre i profitti all'osso e abbassare i prezzi. Per i servizi, nell'agosto 2015 su quello del 2014 non c'è una riduzione, ma un aumento di prezzi di +0,7%. I servizi, spesso, sono pubblici o di imprese che operano in monopolio o quasi. Così la spinta a ridurre i prezzi, per poter ampliare le vendite qui opera molto meno che nei beni. Inoltre, quest'anno c'è una maggior domanda di servizi turistici nazionali da parte dei turisti a causa del fatto che andare in vacanza Africa o nel Medio Oriente ora è molto pericoloso. La Spagna e la Grecia si sono avvantaggiate di questo boom più dell'Italia, ma anche noi ne stiamo traendo beneficio. La Sicilia sta avendo un rilevante incremento turistico.

Mentre la domanda interna di beni non si è ancora risvegliata, e ciò si riflette negativamente sulla produzione industriale, il volume della domanda interna di servizi, con il maggior turismo, è aumentato. Ciò ha consentito di chiudere il primo semestre dell'anno con un aumento di 0,2% nel prodotto nazionale. Una ripresa dello 0,2% dovuta ai servizi è intrinsecamente debole. Un aumento mensile dei prezzi al consumo di 0,1 e di 0,2 su base annua, che dipende solo dai servizi è indice di carenza di stimoli a produrre. L'investimento non è ripartito, l'edilizia è in stallo, il commercio estero fa fatica a crescere, perché la produttività non è stimolata dalla riforma del mercato del lavoro. Essa stabilizza chi ha già un posto, non ne crea di nuovi. E non serve ai giovani: la disoccupazione giovanile è al suo massimo storico, il 44,2%. Le imposte superano il 50% del reddito delle imprese e (data la patrimoniale immobiliare) quello delle persone fisiche.

Il premier di Israele Netanyahu, quando lo ha saputo, ha tracciato sul tovagliolo la curva di Laffer, che fa vedere che le alte aliquote marginali riducono il gettito riducendo la crescita. E ha mostrato questo disegno a Renzi. Che, invece, si culla nella sue riforme immaginarie.

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