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"Inquieta il clima di ricatti e pressioni"

Il gip di Palermo: chi sapeva dei nomi nel dossier poteva condizionare il Csm

"Inquieta il clima di ricatti e pressioni"

Qualcosa non quadra. Per dirla in giuridichese: «Questa storia è piena di irritualità».

Giuliano Castiglia, giudice per le indagini preliminari a Palermo, membro del comitato direttivo centrale dell'Associazione nazionale magistrati e leader di Articolo 101, la componente togata che lotta contro il sistema delle correnti, non nasconde il suo sconcerto: «Non conosciamo tutti i risvolti di questa vicenda e dobbiamo parlare con i se, ma certo quel che sappiamo inquieta».

Paolo Storari porta i verbali dell'avvocato Amara a Davigo. Una mossa inusuale?

«Qualcosa che si stenta a credere. Teniamo presente, tra l'altro, che stiamo parlando di verbali ancora coperti dal segreto».

Che cosa avrebbe dovuto fare Storari?

«Se c'era un contrasto con i vertici della Procura, credo che Storari avrebbe dovuto formalizzare questa spaccatura».

In pratica?

«Sancire formalmente questa divergenza e poi eventualmente informare la Procura generale. Certo, non consegnare brevi manu i verbali a Davigo».

Davigo dice che il segreto non è opponibile davanti a un consigliere del Consiglio superiore della magistratura.

«Frase ermetica. Vuol dire che li ha chiesti lui a Storari? A che titolo? Ci manca più di un passaggio e la prudenza è d'obbligo ma ancora una volta i comportamenti appaiono poco lineari. Senza voler dare lezioni a nessuno, ritengo che il consigliere del Csm avrebbe dovuto rifiutare quel dono troppo ingombrante».

Poniamo che l'abbia ricevuto per posta. Come muoversi?

«Io avrei scritto al Comitato di presidenza».

Lui dice di averne parlato con Giovanni Salvi, titolare dell'azione disciplinare. Non è sufficiente?

«Salvi mi pare che non abbia confermato; mi pare abbia ammesso una chiacchierata ma negato di avere saputo che Davigo avesse i verbali».

Quindi?

«È tutto molto preoccupante. Il Csm dovrebbe essere il luogo della trasparenza, della linearità, se mi è consentito, della fiducia reciproca».

Invece?

«Ci troviamo per un lungo periodo dentro una situazione non trasparente che genera sospetti e fornisce uno spettacolo non edificante. Per un anno circa, se è corretto quello che è stato divulgato, si è registrato uno stato di inerzia, o quasi, e intanto si andava avanti fra colloqui informali tra consiglieri e si lasciava galleggiare questa storia. Il tutto, sottolineo, a proposito di un'indagine riservatissima e assai scivolosa».

Il Csm dovrebbe funzionare in un altro modo?

«Credo proprio di sì. Non so se Davigo abbia consegnato a qualcuno i verbali ma in ogni caso questa semiparalisi del Csm non è un bel segnale per nessuno».

Un'altra spia che si accende dopo il caso Palamara?

«Certo. Il disvelamento del Sistema ha dato un grave colpo alla credibilità dell'organo di autogoverno della magistratura. Ma purtroppo i guai non sono finiti. Ora abbiamo questa strana circolazione di carte che contengono nomi e alcuni conoscono e altri no o non si sa. L'inevitabile sospetto che qualcuno possa avere anche solo tentato di usare le informazioni contenute nei verbali per condizionare il Consiglio o singoli consiglieri genera per forza grandissima preoccupazione».

Davigo sta per essere sentito dai pm di Roma. Come finirà questa storia?

«Non ho titolo per formulare previsioni o esprimere giudizi su eventuali accertamenti penali o disciplinari. Mi pare però evidente che il Csm non possa andare avanti in questo modo. Noi di Articolo 101 avevamo già posto la questione, ma ora la rilanciamo con forza: questo Csm ha bisogno di un reset, di essere rinnovato. Non è possibile procedere in questo clima, fra sospetti e anomalie che nessuno è in grado al momento di spiegare fino in fondo».

Finora i suggerimenti di Articolo 101 non sono stati ascoltati.

«Noi facciamo la nostra parte e insistiamo con le nostre proposte, a cominciare dall'introduzione del sorteggio per l'elezione al Csm».

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