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Insulti e minacce alla famiglia. Il carabiniere: io non vivo più

A processo per il caso Cucchi, Roberto Mandolini già condannato sui social. Nel mirino i figli di 4 e 11 anni

Insulti e minacce alla famiglia. Il carabiniere: io non vivo più

Insulti, minacce di morte, poi l'arrivo di quattro lettere contenenti carta igienica sporca di escrementi che riportano «Stefano Cucchi» come mittente, infine la casa devastata e depredata da ogni oggetto di valore.

Roberto Mandolini, il maresciallo finito a processo per la vicenda legata alla morte del giovane tossicodipendente romano, e la sua famiglia non ce la fanno più. Da giorni arrivano infatti messaggi al suo profilo Facebook che parlano da soli. «Assassino schifoso, non ti meriti nulla dalla vita, feccia gli scrive Nicola M. M. -. I tuoi bambini non meritano di sorridere. Il Karma gira, fai schifo te, lo Stato e i tuoi putridi colleghi assassini. Mafiosi di merda, devi pagare per quello che avete fatto. E pagherete». «Devi morire, bastardo» è invece il messaggio di Fabrizio P. «Sei un essere immondo e la natura, non la giustizia, ti tratterà come meriti, come il verme che sei», la «missiva» di Claudio L.

E poi minacce, come quella di Saverio A.: «Sappiamo dove trovarti, ci sarà vendetta verme schifoso. Figlio di puttana devi marcire in galera».

E, ancora, Gianmarco G.: «Vorrei pisciare sulla bara di tua madre». Ma la cosa più grave sono gli attacchi ai due bambini di Mandolini, di 4 e 11 anni. «Spero che i tuoi figli si drogheranno come pochi - si legge in uno dei messaggi, quello di Ema V., pubblicati sulla bacheca di Mandolini - e finiranno almeno un milione di volte in caserma e denudati come vermi del cazzo per qualche fiorellino». E poi ancora minacce di morte, come quella di Oleg H.: «Tu e tutti i tuoi conoscenti finirete ammazzati, assassini del cazzo». Insomma, nonostante nei giorni scorsi il procuratore generale Pasquale Ciccolo abbia condannato i processi mediatici e, quindi, anche le conseguenze degli stessi, c'è chi continua a incolpare Mandolini e i suoi uomini.

In Italia la legge prevede che si sia innocenti fino a prova contraria, ma sui social network la regola pare non valere e il web diventa terra di nessuno.

«È dura, durissima - ha confessato Mandolini ai familiari, che lo riportano al Giornale - a volte quasi impossibile. Ma vado avanti a testa alta, lo devo fare per la mia famiglia e per l'Arma». Moltissime persone gli stanno esprimendo vicinanza, in queste ore. «È vergognoso - scrive qualcuno sul profilo Facebook del maresciallo - che si debba addirittura arrivare a insultare e minacciare i due figli del carabiniere. Due creature innocenti che non hanno niente a che fare col la vicenda e che meritano, come tutti i bambini del mondo, di vivere un'infanzia serena».

A Mandolini è arrivata la solidarietà del senatore di Idea Carlo Giovanardi, il quale ha denunciato come la tv di Stato abbia dato spazio alla sorella di Cucchi, Ilaria «che ha postato la foto di carabinieri indicandoli come assassini», quando agli stessi, «non ancora a giudizio», soprattutto dopo vicende come questa, «nessuno dà mai voce».

Nonostante le minacce al militare, Ilaria Cucchi non ha preso le distanze da chi offende Mandolini, i suoi uomini e i suoi affetti. Anzi, sulla sua pagina Facebook ha scritto: «È evidente che i carnefici non vedono l'ora di trasformarsi in vittime, sempre, ovviamente, nascondendosi dietro la divisa».

Segno che anche lei, anziché attendere democraticamente e secondo legge la fine del processo, preferisce la strada del linciaggio mediatico.

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