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Gli investitori vedono nero: "Alla larga dai titoli italiani"

I californiani di Pimco hanno già avvertito sui rischi E spunta lo spauracchio di una manovra correttiva

Gli investitori vedono nero: "Alla larga dai titoli italiani"

I l bollettino di Bankitalia fa male, ma i giudizi di Pimco, colosso finanziario sconosciuto al grande pubblico, persino di più. La società, sede a Newport Beach sulla costa californiana, è il più grande investitore in obbligazioni del mondo e nei giorni scorsi ha presentato le sue valutazioni di mercato per quest'anno, annunciando per l'Italia cieli grigi, anzi grigissimi.

Nicola Mai, mantovano da anni trapiantato a Londra, responsabile europeo del team di ricerca sul credito sovrano, ha usato per i Btp toni all'apparenza felpati: «Non crediamo che il rischio sia adeguatamente remunerato». Ma la frase, depurata dal gergo finanziario, si può tradurre in una più brutale sostanza: «Stiamo il più possibile alla larga dai titoli di Stato italiani». Eppure i rendimenti dei bond tricolori si sono da mesi impennati (ieri il famoso spread con gli omologhi tedeschi a 10 anni era intorno ai 250 punti base). Ma anche questo non basta. Il gioco non vale la candela, dicono gli gnomi californiani, che da tempo avevano previsto la possibile recessione e che hanno una convinzione: il rallentamento dell'economia è più o meno generale ma sull'Italia gravano non solo fattori tecnici, ma anche una pesante situazione di debolezza strutturale.

In cima alla lista dei nostri peccati, secondo Pimco, c'è un «budget statale non realistico». La legge di bilancio era partita in autunno con una previsione di crescita che il governo aveva fissato all'1,5% (traguardo considerato irraggiungibile da tutti eccetto Di Maio, Salvini e compagni). Poi il governo aveva dovuto tenere conto in qualche modo delle obiezioni dell'Europa (e della realtà) abbassando le stime 2019 all'1%. Ma anche in questa cifra c'era più speranza che convinzione, come aveva rivelato lo stesso Tria, che mentre negoziava con i funzionari di Bruxelles previsioni all'1%, si era augurato, parlando con i giornalisti italiani, di scampare alla recessione, rendendo palesi i suoi reali timori.

Ieri l'ultimo velo è caduto e le stime sono state di fatto dimezzate (Bankitalia vede il dato 2019 allo 0,6%). Nei numeri si riflette la fase discendente di un ciclo economico (nel settore auto, per esempio), ma anche i timori e la confusione creati di primi mesi della maggioranza grillo-leghista, testimoniati dalla contrazione degli investimenti delle imprese e dei consumi delle famiglie.

La nuova realtà ha una conseguenza immediata: il famoso paletto del deficit fissato al 2,04% del Pil si può per sempre archiviare come una pia e momentanea illusione. Adesso si viaggia a quote ben superiori al 3%. E questo non solo congela definitivamente i 2 miliardi di investimenti bloccati dall'Europa con una sorta di inedita «cauzione», come la si era chiamata a suo tempo, ma rende già attualissimo, a tre settimane dalla legge di bilancio, il tema di una manovra correttiva.

Per il governo si avvicina il momento di pensare ai tagli, o, più probabilmente di avviare mediaticamente un nuovo braccio di ferro con l'Europa. Le centrali della comunicazione gialloverde cercheranno di addossare ogni tipo di colpa ai burocrati di Bruxelles. Tentando di occultare il fatto che il pericolo reale arriva dai californiani di Pimco e dagli altri investitori dei quattro angoli del mondo. Nel corso del 2019 il Tesoro dovrà emettere (e qualcuno dovrà pur comprare) 260 miliardi di titoli di stato a media e lunga scadenza (Bot, dunque, esclusi).

E la maggior parte delle emissioni, guarda la sfortuna, è concentrata nei primi mesi dell'anno.

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