
Ha attraversato il mare che separa l'Albania dall'Italia con una valigia carica di libri e una coscienza non disposta a compromessi. Gëzim Hajdari, poeta di fama internazionale, vive da trent'anni a Frosinone, dove si è mantenuto con lavori manuali e qualche conferenza letteraria. L'elenco delle mansioni che ha svolto per tirare avanti è noto, si trova via web: zappatore, aiuto tipografo, operaio e pulitore di stalle. «La Ciociaria è la mia patria. Le mie opere sono incomprensibili senza la Ciociaria», fa presente oggi il poeta. L'Italia «mi ha salvato». È la storia di un «poeta assoluto» che ha fatto della lotta al comunismo, al socialismo reale, il suo verso più potente. Ora lo Stato italiano gli riconosce «meriti culturali eccezionali». L'altro requisito, previsto dalla legge, è lo «stato di necessità economica». È così che, con un provvedimento approvato dal governo di Giorgia Meloni, Hajdari diventa beneficiario della legge Bacchelli. Istituita nel 1985, la legge è pensata per sostenere personalità con meriti evidenti ma vittime di gravi disagi economici. «Prendevo un assegno sociale da 365 euro al mese», racconta al Giornale. «Ho saputo della Bacchelli dai siti, ma non mi è ancora arrivata una comunicazione ufficiale». «Chi mi ha aiutato? Nessuno. Ho fatto io la domanda, due anni fa». Tra i beneficiari del passato: la poetessa Alda Merini, il pilota Gigi Villoresi, la prima annunciatrice Rai Fulvia Colombo, il pugile Duilio Loi e molti altri. «Sono un perseguitato, perché la persecuzione conosce varie forme», racconta Hajdari. Figlio di una famiglia di proprietari terrieri, gli viene confiscato tutto dalla dittatura di Enver Hoxha. Il poeta, in patria, fa il politico e il giornalista, e denuncia la corruzione che dilaga e i crimini operati prima e durante il regime. Il suo mirino è puntato sul clientelismo che impera nell'Albania post- comunista. Sono i primi anni '90. Fonda Ora e Fjalës, rivista di opposizione e di orientamento conservatore. Si candida in Parlamento ma non viene eletto. Poi le minacce di morte che lo costringono a cercare rifugio in Italia nel '92. Chi gli apre le porte per primo, sempre a Frosinone, è il Movimento sociale italiano. «Sono i miei amici, da trent'anni. Così come gli intellettuali del posto». Anche gli esuli delle foibe hanno trovato rifugio nelle case dei missini. Da allora l'Albania e Gëzim Hajdari non si sono più incontrati. «In tutti questi anni, non mi hanno mai invitato. La mia opera viene ignorata. Questo perché ai tempi ho fatto i nomi e i cognomi. Non ho mai accettato compromessi». Circa trenta studenti nel mondo hanno scritto le loro tesi di laurea basandosi sulle poesie di Hajdari. Alcune università hanno dedicato all'artista dei veri e propri corsi. «Stranamente - nota - ne hanno aperto uno anche in un ateneo albanese». Il suo ultimo libro è «Pane e olive», scritto, come tutte le sue opere, in due lingue: l' albanese e l' italiano. Uscirà a breve per Besa Muci Editore. Vladimir Nabokov era russo ma ha scritto anche in inglese. La stessa scelta di Joseph Conrad, che era polacco. La chiamano «letteratura migrante» o «letteratura d'esilio». Una lingua diventa così un mezzo di denuncia. Quando si fa notare a Gëzim Hajdari che qualcuno lo accosta al Nobel, risponde che un «buon poeta deve abbassare la voce». L'artista albanese non ha Whatsapp e comunica soltanto per e-mail. «Ho un telefono da 28 euro, spesso si scarica. Vivo in un'altra epoca». Hajdari ha anche una figlia di nove anni. Non ha mai negato di voler presentare i suoi libri nella sua Albania ma non ha mai ricevuto inviti. Nel resto del mondo sì, nel suo Paese d'origine no. «Per parlare del mio Paese ci vorrebbe una chiacchierata a parte, è un argomento vasto. Un giorno ne parleremo. Mi limito a dire che non è cambiato niente nei miei confronti in questi anni. Ma cosa possono dirmi? Di cosa possono accusarmi? Non ho mai fatto affari di nessun tipo, né economici né politici». La legge Bacchelli prevede un vitalizio di massimo 24mila euro annui.
Fare il poeta, nel mondo contemporaneo, è un azzardo. E il prestigio culturale quasi mai si traduce in sicurezza economica. Lo Stato, a volte, allunga una mano. È il caso di Gëzim Hajdari, poeta «assoluto», operaio, esule.