Io vorrei accendere un cero al suo inventore

Le novelle Montessori dicono che "è tutto sbagliato". Però mio figlio è cambiato (in meglio)

Io vorrei accendere un cero al suo inventore

«Ma vuoi alzare il sedere da quella sedia e spegnere quella maledetta consolle che è da tre ore che hai l'espressione spaesata come quella di Renzi quando deve parlare inglese? Esci un po', che è una bella giornata. Non ne posso più di vederti chiuso in casa, sempre incollato alla tv con quei maledetti videogiochi». Quanto volte abbiamo sbottato, invano, con i nostri figli per le troppe ore passate a videosparare ai nemici di Call of Duty o a fare tunnel ad un cinesino collegato online con Fifa 16. Poi, tutto ad un tratto, da una settimana, ecco il miracolo. «Papà esco a fare un giro». E voi a pensare: «Che bello. Finalmente, in questa estate, si è stufato di poltrire in camera da letto». Ecco che, però, arriva una frase che vi spiazza del tutto: «Pà, ma lo sai che nel nostro paese ci sono ben tredici punti di interesse?». «Scusa?». «Sì, oggi li ho visitati tutti. Ho camminato per 5 km».

Oddio, ma chi è questo essere che si spaccia per mio figlio? Uno che vuole essere accompagnato, alla mattina, con la macchina, in metro, perché non ha voglia di fare 300 metri e che all'improvviso mi diventa un turista per caso. E subito a pensare che la vostra creatura sia stata posseduta, avvicinandovi a lei con una croce ed urlando : «Esci da questo corpo». Tranquilli, se, in questi giorni, avete notato questo strano comportamento nei vostri figli, è tutta colpa, ma è il caso di dire merito, di Pokemon Go. Sì, perché, da genitore, sarò forse atipico rispetto alla massa, ma non ho nulla da obiettare sul fatto che i miei pargoli si divertano con il gioco del momento. E, anzi, mi arrabbio nel sentire commenti velenosi ed offensivi del tipo «PokemonGoli», «cretini con il cellulare» (sentito su una radio nazionale) e via dicendo.

La solita ghigliottina sociale fatta da chi, poi, si riempie la bocca quando deve parlare pubblicamente di «tolleranza». Capisco e condivido che non servano certo i Pokemon per obbligare i ragazzi ad uscire, ma, intanto, lo fanno di loro spontanea volontà, camminano all'aria aperta, vanno a visitare luoghi che, fino all'altro giorno, avrebbero schifato. Pensate che rivoluzione poter andare alla scoperta di una città nuova, approfittando delle ferie, senza il peso psicologico dei vostri figli che vi seguono contro la loro volontà, «a forza», sbuffando ogni due per tre. Anzi, succede il contrario: finalmente sono entusiasti di poter girare in posti nuovi, sono loro a spronarvi (e chi ha figli pre o adolescenti sa a cosa mi riferisco).

Certo, so benissimo che non lo fanno per motivi culturali, ma solamente per trovare i famosi punti di interesse che nel gioco, pare, siano fondamentali per catturare questi

Pokemon.

Ma, posso dire? Ben vengano, se il risultato è questo. E non mi interessa il parere delle novelle Montessori che ti spiegano che è tutto sbagliato. Questa diavoleria di Pokemon, per me, è da cero acceso in chiesa.

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