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Ipotesi di salvare quota 100 ma con il taglio delle pensioni

Nel progetto Catalfo riduzione del 2,8 -3% nell'assegno per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 della Fornero

Ipotesi di salvare quota 100 ma con il taglio delle pensioni

Evitare lo scalone della riforma Fornero comporterà, in ogni caso, un taglio agli assegni pensionistici. Anche la nuova proposta che il ministero del Lavoro vorrebbe portare al tavolo con i sindacati (che si riunisce domani sulla proroga di Ape social e Opzione donna e il 16 settembre sul capitolo previdenza in generale) prevede, infatti penalizzazioni in cambio dell'abbattimento dello scalone che dal 2022 riporterebbe l'età pensionabile a 67 anni. Con la spada di Damocle del 2026 quando il fattore aspettativa alzerà un po' l'asticella di biennio in biennio.

La nuova ipotesi che il ministro Nunzia Catalfo intenderebbe avanzare, secondo quanto riferisce Il Sole 24 Ore, sarebbe incentrata su un «salvataggio» di quota 100. In pratica, resterebbe la flessibilità in uscita con un'età anagrafica di 62 o 63 anni accoppiata a un'anzianità contributiva minima di 38 anni, anche se si starebbe ragionando su un abbassamento della soglia a 36 anni per favorire le ristrutturazioni aziendali. La penalità sarebbe rappresentata da una riduzione del trattamento del 2,8-3% per ogni anno di anticipo rispetto all'età minima per la pensione di vecchiaia stabilita dalla legge Fornero a 67 anni. Dunque, nell'ipotesi di un 62enne intenzionato a ritirarsi dal 2022 (per l'anno prossimo sarà ancora in vigore quota 100) il taglio potrebbe attestarsi tra il 14 e il 15% agganciando di fatto l'assegno al metodo contributivo e riducendo se non azzerando la quota retributiva di chi ha iniziato a lavorare e di chi aveva un rapporto in essere prima del 1° gennaio 1996, data di entrata in vigore della riforma Dini. Il risparmio sarebbe corposo rispetto all'attuale quota 100 il cui costo è di oltre 8 miliardi annui anche se l'utilizzo stato inferiore alle attese (sono già accantonati tra i 3 e i 4 miliardi di stanziamento dopo 20 mesi dall'entrata in vigore).

Alla fine, tuttavia, il costo potrebbe essere inferiore alla metà di quanto previsto per «quota 41 piena», ossia l'estensione a tutte le categorie di lavoratori della possibilità di uscita anticipata attualmente concessa ai lavoratori precoci (coloro che hanno almeno 12 mesi di contributi prima del compimento dei 19 anni di età). Il costo di una simile riforma è quantificato in almeno 12 miliardi di euro e, soprattutto, si orienta in direzione contraria alle richieste dell'Unione europea di aumentare la partecipazione al mondo del lavoro. Ecco perché si era pensato di «indurirla» con un ricalcolo totalmente contributivo degli assegni per rendere l'operazione a costo zero.

Una quota 100 riveduta e corretta, come detto, costerebbe almeno la metà di quota 41, ma a tutti gli italiani, ma incorrerebbe nelle medesime obiezioni da parte di Bruxelles. Di qui l'intenzione del ministro Catalfo di «approfittare» del Recovery Plan da varare entro il 15 ottobre e disegnare un pacchetto-previdenza volto a facilitare l'ingresso dei giovani sul mercato (la cosiddetta «staffetta generazionale»). «Il primo degli investimenti deve essere nel capitale umano. Solo valorizzando il talento e investendo su quello si riesce a realizzare tutto», ha detto ieri Catalfo al Forum Ambrosetti.

Per quanto riguarda il tavolo sugli strumenti alternativi come di pensionamento, il dibattito si concentrerà, invece, sull'estensione Ape social e Opzione donna al 2021 includendo nel primo un maggior numero di lavori gravosi e nella seconda anche le lavoratrici in part time verticale.

A sorpresa potrebbe ritornare anche l'Ape volontario (con 63 anni e 20 di contributi), che non costa nulla allo Stato e rappresenterebbe una valvola di sfogo per gli esuberi.

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