«Padmaavat» è nato come film drammatico. Mai però il regista avrebbe immaginato che il suo lavoro si sarebbe trasformato in un'ondata di violenza che sta coinvolgendo tutta l'India. Ieri, alla vigilia della proiezione nelle sale, il Paese è come impazzito, proteste e manifestazioni, rabbia e odio. Folle inferocite che hanno messo a ferro e fuoco le città. Violenza per le strade, vandalismi da parte di migliaia di dimostranti, le frange estremiste dell'indù e da parte di una delle caste indiane, i Rajput, i guerrieri. Ovunque. Rajasthan, Haryana, Maharashtra e Uttar Pradesh. A Gurgaon, a sud di New Delhi, un gruppo denominato Karti Sena, ha preso a sassate un autobus con a bordo gli alunni di una scuola locale. Mumbai auto sono state date alle fiamme. Un uomo avrebbe addirittura cercato di darsi fuoco fuori da una sala a Varanasui. Tutto per evitare la proiezione del film di Bollywood, di ambientazione storica, diretto dal regista Sanjay Leela Bhansali «Padmaavat», sulla mitologica regina indù Rani Padmini, che ha suscitato nei mesi scorsi violenti proteste indù. Mentre veniva girato, la troupe ha subito attacchi, i set vandalizzati.
Gli estremisti indù avevano concentrato la loro ira contro l'attrice, la bellissima Deepika Padukone, e oltre a minacciarla di bruciarla viva, erano arrivati a offrire dieci milioni di rupie a chi fosse riuscito a eliminarla. Minacce di morte pesanti, a lei e al regista. C'erano stati diversi appelli alla corte suprema e al governo affinché venisse messo al bando. La trama del film sotto accusa si basa su un poema del XVI secolo che racconta la decisione della regina indù Padmini di suicidarsi piuttosto che finire nelle mani dei nemici. A scatenare la rabbia degli indù, già un anno fa, mentre il film era in preparazione, voci che ci fosse una scena d'amore tra la regina e il conquistatore musulmano Alauddin Khilji. Una simile scena non esiste ma, nonostante le smentite del regista, Sanjay Leela Bhansali, le proteste violente sono continuate, anche dopo la proiezione del trailer.
Per i suoi detrattori, la storia portata sullo schermo disonora Padmini, regina venerata dai Rajput, una delle maggiori caste indiane, fieramente orgogliose delle loro origini guerriere. «Lei ha sacrificato la sua vita a causa delle atrocità contro le donne. È molto rispettata, la preghiamo come una nostra divinità», ha spiegato Giraraj Singh Lotwada, presidente dei Rajput Sabha di Jaipur. Secondo gli storici non ci sono prove che la regina indù sia realmente esistita, ma il suo mito ha una grande influenza tra i Rajput. Molte donne di questa casta hanno minacciato di darsi fuoco se il film verrà proiettato nelle sale come previsto.
E le proteste non si sono limitate all'India: anche nel Regno Unito, dove vive una numerosa comunità indiana, estremisti hanno minacciato di appiccare incendi ai cinema che ospiteranno la pellicola e hanno offerto 550mila sterline a chiunque decapiterà l'attrice Padukone.
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