Politica estera

Israele, i giorni del voto. Ma ora due ministri "sfiduciano" Netanyahu

Inizia alla Knesset l'esame della riforma. Gallant e Dichter: va fermata. Migliaia ancora in piazza

Israele, i giorni del voto. Ma ora due ministri "sfiduciano" Netanyahu

Inizia oggi in Israele l'iter parlamentare per approvare definitivamente la legge sul sistema di elezione dei giudici, parte centrale della controversa riforma giudiziaria promossa dal governo di Benjamin Netanyahu. Dal pomeriggio di ieri, e fino alla serata inoltrata, per il dodicesimo sabato consecutivo, il paese è stato interessato da un'imponente manifestazione di protesta foraggiata dai movimenti pacifisti e dalla sinistra israeliana, che hanno srotolato slogan come «Nessuno è al di sopra della legge», brandendo una foto di Netanyahu, Putin e Trump nel centro di Tel Aviv, in Kaplan Street.

Nel mirino dei contestatori non solo il premier, ma anche il ministro della Giustizia, Yariv Levin, autore della radicale riforma che punta a depotenziare l'eccessivo potere della magistratura israeliana che, va ricordato, può addirittura cancellare le leggi fatte dal Parlamento che in seguito non possono essere ripristinate, se non con un sistema estremanente farragginoso.

Dal momento che Israele non possiede una costituzione scritta, ma solo un insieme di leggi fondamentali, la Corte Suprema è di fatto il player più potente del paese. Per cui se il testo di riforma passasse, la Knesset potrebbe influire sul modo in cui vengono selezionati i giudici e sulle leggi su cui la Corte Suprema può pronunciarsi, di fatto interrompendo un certo abuso che la magistratura ha fatto del cosiddetto principio 'della ragionevolezza'.

Tra gli speaker scesi in piazza ieri nomi come l'ex ministro Tzipi Livni, il professor Yuval Noah Harari e Sophia Cohen, la figlia di Eli Cohen. Centinaia di manifestanti hanno bloccato lo svincolo di Karkur sull'autostrada Route 65 nel nord di Israele, quattro sono state le persone arrestate dalla polizia per aver lanciato dei razzi. Un gruppo che rappresenta i riservisti ha manifestato nella città natale del ministro della difesa, accusandolo di «prestare mano alla dittatura», portando barelle che rappresentavano i «primi corpi della guerra civile in arrivo», hanno gridato. Secondo il gruppo «il colpo di stato che sta dilaniando il popolo deve essere fermato ora prima che scoppi una guerra fratricida. Qui andiamo sotto la barella come facciamo nel nostro servizio militare e chiediamo di fermare il regime dittatoriale legislazione ora».

Il ministro dell'Agricoltura Avi Dichter, del Likud, ha chiesto al governo di sospendere i progetti di revisione giudiziaria fino a dopo il Giorno dell'Indipendenza, che cadrà il prossimo 26 aprile: «Non ci sarà modo di tornare indietro», ha dichiarato al notiziario di Channel 12. Dichter, ex direttore dell'agenzia di sicurezza Shin Bet, si unisce alle critiche mosse dal ministro della Difesa Yoav Gallant, che ha chiesto il congelamento della riforma per via della «spaccatura nella società penetra nell'esercito e questo è un pericolo immediato e tangibile per la sicurezza dello Stato», sollecitando colloqui multilaterali sulla riforma.

Oltre alle proteste già svolte in 150 città, che hanno fatto segnare ieri la partecipazione record nella storia di Israele, gli organizzatori hanno annunciato da oggi l'inizio della cosiddetta settimana dello sciopero, con picchetti permanenti contro ministri e parlamentari della coalizione davanti alle loro abitazioni e davanti alla Knesset.

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