Francis Amanfoh, ambasciatore del Ghana nel Mali, aveva purtroppo previsto tutto. Martedì un'informativa girata sia al governo di Bamako sia a quello del suo Paese recitava testualmente: «Nei prossimi giorni tenteranno di rapire o aggredire occidentali nella regione di Sikasso. Prestare la massima attenzione e sconsigliare ai viaggiatori di recarsi in quella zona». Purtroppo le parole di Amanfoh non sono state prese molto sul serio, e a farne le spese è stata la famiglia Langone, sequestrata nella notte tra giovedì e venerdì nella località di Sincina, dove risiedeva da tre anni. Per il ministro della Sicurezza del Mali, Daoud Aly Mohammedine, ci sono pochi dubbi. Ieri incontrando i cronisti ha affermato che dietro al rapimento degli italiani c'è Iyad ag Ghali, leader tuareg della cellula salafita jihadista «Jnim», piuttosto intraprendente nella zona. Nelle loro mani ci sarebbero almeno dieci cittadini stranieri. Nessuno dei miliziani di ispirazione qaedista si è fatto vivo al momento per chiedere un riscatto, ma non è da escludere che nel giro di pochi giorni venga fatto circolare un video dei prigionieri. Ne è convinto Kady Diallo, capo della polizia di Koutiala, capoluogo della regione di Sikasso. «Sappiamo come agiscono e cercheremo con le autorità italiane di fare il possibile per la liberazione degli ostaggi».
I tre sequestrati sono Rocco Langone, di 64 anni, la moglie Maria Donata Caivano (conosciuta come Donatella), di 63, residenti da anni a Triuggio (Monza Brianza), e il loro figlio, Giovanni Langone, di 42, di Lissone (Monza Brianza). La famiglia Langone è originaria di Ruoti, 3mila abitanti in provincia di Potenza, ma residente in Lombardia. Rocco, operaio di professione, si era trasferito in Mali dopo essere andato in pensione. La casa di famiglia a Triuggio, non è abitata da tempo. «Abbiamo paura perché sappiamo quanto siano pericolose le persone che li hanno sequestrati - dice Vito Langone, fratello di Rocco -. Chiedo allo Stato italiano di farli tornare a casa al più presto. Per ora purtroppo non ci sono novità».
Rocco e Donatella avevano raggiunto il Mali nell'autunno nel 2019 per trovare il figlio Giovanni che risiedeva nel Paese africano da qualche anno.
Con lo scoppio della pandemia si erano stabiliti a Sincina occupandosi di catechizzazione dei Testimoni di Geova. Il sindaco di Sincina, Chaka Coulibaly, ha raccontato che avevano presentato il progetto per la costruzione di un edificio religioso.
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