Il governo gialloverde continua a navigare in acque agitate e incerte. E la fase due, invocata fin dagli ultimi giorni della campagna elettorale come condizione per riannodare i fili del discorso politico e allungare la legislatura, fatica a prendere forma.
Sono trascorse ormai tre settimane dal voto del 26 maggio, un passaggio che ha riscritto in maniera pesante gerarchie, equilibri e distribuzione delle forze dentro l'esecutivo. E la «nuova alleanza», invocata da più parti, resta al momento soltanto un auspicio che si scontra con visioni profondamente differenti su diversi temi cardine.
Il governo, ad esempio, non ha ancora definito una strategia unitaria per rispondere all'offensiva dell'Unione europea sul debito eccessivo. La deadline è quella del 9 luglio quando la procedura di infrazione prenderà forma a meno che l'Italia non metta sul piatto rassicurazioni tangibili. Una eventualità al momento non scontata visto che la Lega continua a contrastare la linea della trattativa sposata dal premier Giuseppe Conte e dal ministro dell'Economia Giovanni Tria.
Il governo fatica a lanciare all'esterno un messaggio pienamente unitario. In questo senso non sono serviti né il vertice di lunedì con il presidente del Consiglio, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, né quello di mercoledì con il ministro dell'Economia, Giovanni Tria in cui si è ragionato sulle possibili mosse da compiere per rimettere in sesto i conti pubblici.
Trovare il punto di equilibrio tra il pressing dell'Europa che di fatto chiede una manovra correttiva, una flat tax da 12-15 miliardi, i 23 miliardi da trovare per impedire l'aumento dell'Iva e il reddito minimo richiesto dai Cinquestelle è impresa obiettivamente titanica. Di certo Conte cercherà di resistere alle aspirazioni della Lega che vorrebbe avere il ministro delle Politiche europee, attualmente non assegnato (è lo stesso Conte a detenere l'interim). È chiaro, però, che difficilmente l'onda di consenso leghista dello scorso 26 maggio lascerà indenne il governo.
«Se la Lega vuole qualcosa lo chieda, non ci giri intorno lasciando intendere una volta una cosa, una volta l'altra», rispondeva Luigi Di Maio qualche giorno fa all'Huffingtonpost. Il messaggio è chiaro: se sono gli alleati a volere fare un tagliando a nomi e ruoli nell'esecutivo escano allo scoperto e lo dicano. Matteo Salvini non raccoglie l'invito ma in un caldo sabato di giugno, parlando da Recco torna a ribadire il suo mantra: «Il primo impegno che voglio mantenere nella manovra economica del prossimo inverno è tagliare le tasse a lavoratori e imprenditori italiani. Non c'è nessun braccio di ferro con l'Europa. Nessuno potrà impedirci di ridurre le tasse agli italiani». Le tasse «non saranno abbassate a tutti subito, ma a tanti sì. Se a Bruxelles va bene sono contento. Se a Bruxelles non va bene, i soldi degli italiani li gestisce il governo degli italiani, non altri».
In attesa di un nuovo confronto sui conti pubblici, il governo si concentra sulla giustizia.
Mercoledì a Palazzo Chigi Conte incontrerà Alfonso Bonafede e Giulia Bongiorno per fare il punto sulla riforma dei processi. Un vertice a cui i potrebbero partecipare anche Matteo Salvini e Luigi Di Maio, visto che anche su questo fronte la Lega inizia a mostrare segnali di insofferenza.
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