J-Ax, il rapper triste per la morte del suo Little

Un post su Facebook del cantante celebra la lotta (persa) del suo micio contro il diabete

J-Ax, il rapper triste per la morte del suo Little

Lo aveva detto anche nell'ultimo successo cantato con Fedez, Sconosciuti da una vita: «Io più conosco esseri umani più amo gli animali». E gli animali J-Ax deve amarli proprio tanto se è vero che ha dedicato al proprio gatto, morto l'altro ieri dopo una lunga lotta contro il diabete, un lungo post commovente, ancor di più pensando all'immagine spigolosa che il rapper milanese ha sempre avuto.

«Ciao Little - scrive J-Ax - forse non te l'ho mai detto, ma mi hai salvato la vita. Forse a qualcuno può sembrare strano parlare così di un gatto, non sei neanche di una di quelle razze che le signore ricche tormentano con dei pettini finché non vincono qualche trofeo d'oro (che poi sono di ottone...). Però, del resto, mi hai sempre capito. Forse non le mie parole, ma il mio animo - sì, quello sempre».

Nel post il cantante ricorda l'arrivo di Little. «Sei entrato nella mia casa più di 15 anni fa. Una vita per me. Per te, 5 o 6, credo. E, devo essere sincero, i primi tempi non è stato facile. Ho dovuto insegnarti che esistono delle tane in cui noi umani ci richiudiamo per, uh, pensare, tane in cui i felini non possono entrare perché troppo pericolose... noi umani le chiamiamo... gabinetti».

Poi è arrivato il tempo dell'amore. «Sei sempre stato al mio fianco. Non importa ciò che mi capitava durante il giorno, se tornavo a casa da vincitore o da sconfitto, tu eri lì. Eri sempre lì. A darmi conforto quando mi sentivo perso. A festeggiare insieme a me quando ero felice. A difendermi dalle chiavi della mia macchina che volevano uccidermi. Eri con me anche quando tutti mi hanno abbandonato. Quando ero troppo vecchio. Quando ero finito. Quando gli amici hanno smesso di chiamare. C'eri anche quando pensavo che l'unico modo per dimenticare, per anestetizzare il dolore, fosse l'alcool. Mi hai aiutato a smettere. Senza di te, oggi, non sarei qui».

Infine la malattia. «Il giorno che ho scoperto che ti eri ammalato, ho avuto così tanta paura. Avevi smesso di mangiare. Stavi lentamente svanendo. Il veterinario disse "diabete". Quasi tutti mi dissero che non ce l'avresti fatta. Ma io lo sapevo che non avresti mollato. È bastato darti indietro un decimo di quello che mi hai dato tu in questi anni per vederti ritornare a vivere. Alcuni mi hanno detto che sono state cure esagerate. Che non sei una persona, ma solo un gatto. Hanno ragione, sei solo un gatto.

Infatti nessuna persona mi ha mai dato quello che ho avuto da te. Perché così sono i gatti. E so che ti saresti preso cura di me come io ho fatto con te. Lo so, perché lo hai già fatto. E ora che hai perso la battaglia mi manchi ogni giorno».

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