Da Jfk a oggi, a Dallas il terrore arriva dal cielo

Cinquantatré anni fa anche Kennedy fu ucciso dai cecchini. E quanti furono ancora non si sa

Francesca Vasirani

A Dallas ancora una volta il terrore arriva dall'alto. Il boato sordo dei proiettili piomba sul centro della citta' dai tetti, a pochi passi dal monumento costruito per ricordare il presidente John F. Kennedy. E in pochi minuti, la città del Texas ripiomba nell'incubo del 1963, quando il 35esimo presidente degli Stati Uniti venne colpito a morte, così dice la versione ufficiale, da Lee Harvey Oswald. Erano le 12.30 locali del 22 novembre, Jfk viaggiava a bordo della limousine presidenziale insieme alla first lady Jacqueline, al governatore John Connally e alla moglie di quest'ultimo, Nellie, quando fu raggiunto, come racconta sempre la contestata Commissione Warren, da tre colpi di fucile sparati dall'ex militare mentre attraversava la Dealey Plaza. Oswald, che due giorni dopo venne ucciso da Jack Ruby alla centrale della polizia di Dallas, si era appostato al sesto piano del Deposito di Libri del Texas in Dealey Plaza. Anche il cecchino che ha ucciso cinque agenti ferendone altri sette, oltre a due civili, si era nascosto sui tetti. Questione di attimi e Dallas ha cominciato a rivivere quegli istanti da incubo di 53 anni fa proprio a pochi isolati di distanza da dove fu assassinato Jfk. A morire uno dei presidenti che più si batterono per i diritti civili degli afroamericani. Oggi invece il killer ha ammazzato cinque rappresentanti della legge, in quella che è la strage più grave con vittime agenti delle forze dell'ordine statunitensi dai tempi dell'11 settembre 2001. «É surreale - racconta Jalisa Jackson una delle testimoni della strage - É la cosa più grave successa qui da quando Kennedy è morto». «L'omicidio di Kennedy di fatto ha cambiato Dallas per sempre - spiega da parte sua Bill Minutaglio, scrittore e professore di giornalismo. - Poi qualcosa è emerso pian piano e molte persone hanno iniziato a vedere quell'episodio come un monito a scegliere sempre la ragione e il dialogo invece che l'odio». Quella, però, era un'altra epoca, almeno dal punto di vista della diffusione delle notizie: a raccontare la tragedia della morte di Jfk sono stati i canali tv, tutta la nazione era attaccata a teleschermi e radio, Internet era ancora un sogno. Oggi, invece, sono gli smartphone a diffondere in tempo reale le immagini della strage. Così come è stato un video girato da un testimone con uno smartphone a portare alla ribalta la violenza apparentemente ingiustificata da parte delle forze dell'ordine. A partire dal filmato choc che racconta la morte di Philando Castile in Minnesota, e quella di Alton Sterling in Louisiana. Intanto, in rete, è diventato virale l'elogio funebre pronunciato da Robert Kennedy nel 1968, dopo l'assassinio di Martin Luther King Jr., un appello all'unità in un momento di grande agitazione.

Gli utenti di Twitter postano stralci del discorso, affermando che ora più che mai è attuale dopo l'uccisione dei cinque agenti a Dallas. Vecchi e nuovi strumenti dell'informazione portatori di un unico messaggio, quello con cui Rfk chiese «uno sforzo di comprensione, compassione e amore».

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