Si restringono i margini di trattativa coi sindacati? Sembrerebbe proprio di sì. Ma attenzione ai colpi di coda. «Sull'articolo 18 ci giochiamo tutto, non solo la faccia», si dicono ogni giorno i leader di Cgil, Cisl e Uil. E siccome primum vivere, i sindacati si preparano alla battaglia per ottenere almeno un obiettivo minimo: la permanenza del divieto di licenziamento per chi è già occupato, mentre il contratto «a tutele crescenti» varrebbe solo per i nuovi assunti. Alle caute aperture di Cisl e Uil s'oppone Susanna Camusso: «No ai doppi regimi nel mercato del lavoro. Andremo in piazza anche da soli», minaccia la leader della Cgil, mentre il consigliere politico di Forza Italia Giovanni Toti al Tg5 dice: «Se la riforma del lavoro non viene snaturata e resta quella che Renzi ha presentato in Parlamento, Forza Italia è pronta a dare il suo contributo per approvarla e a migliorarla».
I sindacati tenteranno di giocare tutte le carte possibili anche contando sull'aiuto della minoranza Pd, ma stavolta non hanno fatto i conti con la crisi economica che attanaglia l'Italia: il milione di manifestanti in piazza del 2002 contro la riforma dell'articolo 18 oggi non è replicabile. Renzi e Poletti vanno dunque avanti, col sostegno delle imprese. Il presidente della Confindustria Giorgio Squinzi dice: «Sul lavoro siamo col premier. Il mantra dell'articolo 18 va smontato - aggiunge - anche perché si tratta di un falso problema: gli imprenditori non si divertono a licenziare». Squinzi ricorda che il contratto «a vita» rappresenta uno degli ostacoli maggiori per gli investitori esteri, e dunque serve un nuovo contratto a tempo indeterminato «conveniente per l'impresa e per il lavoratore».
L'ipotesi su cui lavora il governo è di attuare la riforma del lavoro entro i tempi della legge di Stabilità. Se il disegno di legge delega dovesse rivelarsi una strada troppo tortuosa e lenta, si ricorrerà al decreto. Poletti spera che i sindacati valutino l'insieme del testo, prima di avventurarsi in scioperi. Anche perché - lo sa il governo, e lo sanno i sindacati - senza riforma del lavoro l'Europa non concederà all'Italia neppure un'unghia sui conti pubblici. Venerdì i tre segretari confederali - Camusso, Bonanni, Angeletti - si vedranno per valutare le loro mosse. L'ipotesi messa sul tavolo da Poletti prevede due tipi di contratto per il lavoro dipendente: uno a tempo determinato, e uno indeterminato «a tutele crescenti». Alle aziende che assumono con il secondo tipo di contratto, verrebbero concessi sgravi fiscali. Ai dipendenti si applicherebbero due tipi di tutela: entro i primi tre anni il licenziamento comporta un'indennità proporzionale al periodo di servizio. Negli anni successivi l'indennità di licenziamento dovrebbe aumentare. Nell'ultimo periodo di attività, al lavoratore verrebbe garantito il diritto al reintegro. Cambieranno poi gli ammortizzatori sociali, con un'indennità di disoccupazione biennale che sostituirebbe la cassa integrazione. Ma bisognerà fare i conti con le risorse a disposizione.
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