Le spie donne seducenti e spietate

Josephine Baker corteggiata e milionaria, fu arruolata dai servizi francesi. Virginia Hall, solitaria e amputata a una gamba, servì gli inglesi. Così diverse, entrambe contro Hitler

Le spie donne seducenti e spietate

Due donne così diverse, eppure così simili. Una favolosa, corteggiata, milionaria; l'altra con una protesi al posto di una gamba e abituata a sopravvivere grazie alle sue sole forze. Cosa avevano in comune? Il fatto che la Gestapo, la polizia segreta della Germania nazista, le temesse come la peste: perché Josephine Baker e Virginia Hall furono due spie, assoldate contro Hitler e le sue truppe sanguinarie nella seconda Guerra mondiale.

Inizia qui il racconto delle vite straordinarie di alcune fra le leggendarie agenti segrete del secolo scorso: il loro operato al fronte rappresentò la salvezza per centinaia di soldati e fu indispensabile per le truppe alleate.

Aveva solo 19 anni Josephine Baker quando debuttò nel suo primo spettacolo alle Folies Bergèr di Parigi. Era il 1925: il clamore che suscitò fu a dir poco immenso. A seno nudo, i capelli incollati con il gel, dimenava il corpo perfetto al ritmo frenetico del jazz e del charleston. Era esplosiva e buffa allo stesso tempo: con addosso solo un gonnellino di banane, si rivolgeva al pubblico - di soli uomini - con sberleffi da clown. Parigi, all'epoca culla di una cultura d'avanguardia e sedotta da quell'arte quasi primitiva, andò in delirio. In un baleno quella ragazzina mulatta, nata a Saint Louis da una lavandaia, entrò nell'olimpo delle divine: i suoi spettacoli la resero una delle artiste più ricche del mondo. Camminava per Parigi con un ghepardo al guinzaglio, oppure si spostava su una carrozza trainata da uno struzzo: la sua fama travalicò ogni confine e la portò in tournée in decine di Paesi.

A cambiare per sempre la sua vita fu l'amore: nel 1937 la diva sposò in terze nozze (ancora minorenne aveva avuto già due mariti) Jean Lion, magnate dello zucchero, per lui si convertì all'ebraismo e divenne cittadina francese. Poco dopo la Francia, insieme con l'Inghilterra, dichiarerà guerra ai tedeschi, entrati in Polonia. Josephine, nera ed ebrea, rimase sconvolta dalle deportazioni di migliaia di ebrei e in lei si accese ardente il fuoco della pasionaria: si offrì volontaria per raccogliere cibo da spedire al fronte con la Croce Rossa, imparò a pilotare gli aerei così da poter recapitare lei stessa i viveri. Archiviato il gonnellino di banane, indossò l'uniforme da pilota: ci sono foto storiche che lo testimoniano.

I servizi segreti francesi la arruolarono come vera e propria spia: grazie alla sua notorietà, Josephine si imbucava ad ogni ricevimento nelle ambasciate, incantava politici e generali e raccoglieva preziose informazioni sui movimenti delle truppe di Hitler. Poi, con l'inchiostro simpatico, le scriveva tra le righe dei suoi spartiti musicali che, dalle tournée in Portogallo, Spagna e Nord Africa, faceva recapitare in Francia nascosti nei suoi bauli.

Quando i tedeschi entrarono a Parigi nel 1940, la Baker fu in grave pericolo. Riparò nel castello di Les Milandes, in Dordogna, poco più di un rudere che aveva acquistato con il marito, e lo trasformò in un centro di resistenza francese. Ospitò profughi, feriti, disertori sfidando ogni giorno la caccia dei soldati di Hitler e si dedicò con abnegazione alla battaglia contro l'antisemitismo e il razzismo.

Alla fine della guerra, Josephine fu insignita della medaglia per la resistenza francese. E nel 1961 il presidente Charles de Gaulle le conferì la Legion d'onore, la più alta onorificenza dello Stato, per i suoi servizi da agente segreto.

La sua vita è stata un capolavoro di eccentricità, audacia e passione: ebbe quattro mariti, adottò 12 bambini di etnie diverse e riunì a Les Milandes la sua "tribù arcobaleno". Dilapidò un patrimonio, andò negli Stati Uniti per combattere la segregazione razziale e fu minacciata dal Ku Klux Klan. Esattamente cinquant'anni dopo il suo debutto alle Folies Bergèr, grazie all'interessamento della principessa Grace di Monaco, Josephine tornò sul palcoscenico, ma dopo quella magica notte improvvisamente entrò in coma e non si sveglio più.

È stato un altro presidente francese, Emmanuel Macron, a renderle l'ultimo poderoso omaggio nel 2021, accogliendo solennemente il suo cenotafio al Pantheon di Parigi: lei, la ragazzina mulatta che aveva suscitato tanto scalpore, tra i Grandi di Francia.

Ben tre Paesi, Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti, si contesero invece i preziosi servigi di Virginia Hall, nata lo stesso anno di Josephine Baker e come lei destinata a partecipare alla Storia. Originaria di Baltimora, di famiglia benestante, imparò il francese, il tedesco e l'italiano. Continuò la sua formazione in Diritto internazionale all'estero, in Francia e in Austria: sognava di lavorare per il corpo diplomatico degli Stati Uniti. Un incidente di caccia gelò però i suoi giovani ardori: le fu amputata la gamba sinistra, rimpiazzata da una protesi di legno e alluminio del peso di 7 chili. Un handicap eccessivo per il Foreign Office, che la scartò: ma Virginia non si arrese. Riuscì ad entrare alla Columbia Universty e poi alla prestigiosa Harvard, in Inghilterra, sezione femminile. L'Europa era il suo mondo, ogni confine le andava stretto: Varsavia, Venezia, Parigi.

Le sue imprese da spia iniziarono in Francia, dove si trovava all'inizio della Seconda Guerra. Si offrì come autista di ambulanze: nonostante la gamba di legno, che aveva ribattezzato Cuthbert, riusciva a guidare. Era sfrontata, impavida, si giocava la vita ogni giorno, come alla roulette russa. Nel 1940 fu costretta a fuggire dalla Francia presa dai tedeschi: diretta a Londra, passò dalla Spagna e superò a piedi i Pirenei, camminando più di 80 chilometri al giorno e compiendo un viaggio incredibile per la sua condizione fisica. Un agente britannico, conquistato da quella donnina bionica, la segnalò al SOE, Special Operations Executive: se arrivi viva a Londra, le disse, presentati dai miei. Virginia ci arrivò e fu reclutata come spia inglese: il primo ministro Winston Churchill in persona era venuto a conoscenza delle sua capacità.

Fu addestrata a resistere anche agli interrogatori della Gestapo e rispedita in Francia. Divenne esperta in "operazioni di appoggio": distribuiva denaro e armi alle altre spie alleate, aiutava gli aviatori abbattuti a nascondersi dai tedeschi, offriva assistenza medica e case sicure agli agenti. Sul suolo francese creò una rete di informatori fidati chiamata Heckler, che si studia oggi sui libri di storia: il suo nome in codice era Diana, come la dea della caccia, ma anche Brigitte, Marie Monin, Germaine, Camille Abilissima nell'organizzazione, era altrettanto abile nello sfuggire alla Gestapo, che mise alla sue calcagna più di 500 agenti, infiltrati in ogni dove.

Non è ben chiaro - d'altronde di una spia stiamo scrivendo - quando sia passata dall'inglese SOE all'OSS, Office of Strategic Services, l'intelligence degli Stati Uniti.

Fatto sta che come agente sul campo lavorò anche sotto copertura americana: si fingeva una giornalista del New York Post. Virginia era una preziosissima spia "wireless", capace di agire da sola nelle situazioni più estreme ma di mantenersi in contatto con la base: ai francesi, che ben conosceva, fece paracadutare armi da parte degli alleati. Tra le sue imprese, spiccano uno straordinario blitz per liberare 12 prigionieri e numerose operazioni di sabotaggio contro i tedeschi quando gli alleati sbarcarono in Normandia.

Nel 1945, il generale statunitense Bill Donovan volle assegnare personalmente alla Hall la Distinguished Service Cross, l'unica conferita a una civile donna nella Seconda Guerra mondiale.

La Francia la insignì con la Croix de Guerre e la Gran Bretagna la nominò membro dell'Ordine dell'Impero Britannico. Finita la guerra, Virginia entrò a far parte della Cia, che contribuì a fondare, e ci rimase fino alla pensione.

(1. continua)

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