Afghanistan in fiamme

"Kabul è solo l'inizio, ci saranno altri attacchi. Ma seminare il terrore fa il gioco del regime"

L'esperto: ora Isis e al Qaeda cercano spazio nel Paese. Il caos rafforzerà anche le milizie

"Kabul è solo l'inizio, ci saranno altri attacchi. Ma seminare il terrore fa il gioco del regime"

Efraim Inbar è uno dei più famosi mediorentalisti del mondo, per 23 anni è stato direttore del BESA, Begin Sadat Center for Strategic Studies, professore oltre che all'Università Bar Ilan anche alla John Hopkins e alla Georgetown University, consigliere strategico dei vari governi israeliani e oggi presidente del Jerusalem Institute for Strategy and Security.

Allo scenario della tragica evacuazione dall'Afghanistan oggi si aggiunge l'assalto terrorista, forse dell'Isis. E' di poche ore fa la strage all'aereoporto. Di che si tratta professore? L'Isis cerca un suo spazio? Blocca la già impervia, quasi impossibile uscita da qui al 31 agosto?

«Una cosa è chiara: questa strage, al lato dalla difficilissima evacuazione americana, è un altro passo nella strada della umiliazione globale americana, promette ulteriore difficoltà, altri attacchi terroristi. Mette l'America è sempre più in ginocchio. Questo è nell'interesse di qualsiasi gruppo terrorista islamista. Non sappiamo se qui si tratta veramente dell'Isis. Questa organizzazione al momento non è particolarmente forte, difficile immaginarsi che voglia entrare in un gioco di concorrenza coi Talebani, forse cerca un pò di spazio».

Quindi anche se adesso è stata l'Isis a compiere questo attentato, non sarà questa organizzazione a tornare al centro della scena in Afghanistan nel prossimo futuro.

«È uno dei gruppi che, fra spinte ideologiche, tribali, etniche, cerca spazio: c'è una bella guerra contro l'Occidente, naturalmente l'Isis, al Qaeda vogliono esserci. Ma teniamo invece a mente che il terrore fa il gioco dei talebani, sia perché questo gesto violento aggiunge alla umiliazione americana e quindi certifica la sua strategia internazionale, sia perché l'oscuro messaggio di terrore consolida la sua presa sulla società Afgana, la riempie di paura, la paralizza come i Talebani avevano da tempo pianificato».

Ma per molti anni sono stati tenuti con successo all'angolo dalla presenza americana.

«Sì, finché è stata massiccia e armata. Ma l'illusione di democratizzare, occidentalizzare una società islamica è destinata al fallimento: quando gli americani hanno messo le mani in Egitto, è subito uscita fuori la Fratellanza Musulmana; con i palestinesi hanno dato forza a Hamas, in Tunisia si è creato il caos islamista con le elezioni. Non è vero che ogni uomo desidera la libertà. Desidera la pace e il benessere. Nel caos, sopraggiungono i Talebani, si armano, prendono il potere, come a Gaza arriva Hamas, e in Libano Hezbollah».

Allora bisogna restare per sempre?

«Gli Usa avevano deciso di andarsene dai tempi di Obama, non di Trump come ora scrivono in parecchi. Avevano ragioni importanti per farlo, legati all'invecchiamento degli armamenti, alla spesa enorme, alla necessità di impegnarsi nel contrastare la Cina, ai problemi americani interni. Biden ha fatto quello che l'America chiede da molto tempo».

Ma hanno fatto le cose in modo disgraziato, disumano, scoordinato. Dopo il generale biasimo umano e politico ancora confermerebbero questa politica?

«Bisogna scontare il piaicere che prova la stampa a biasimare l'America. L'ha sempre desiderato. Certo, qui ce ne sono ragioni serie, Biden ha agito in maniera disordinata, debole, priva di rete di sicurezza. Adesso deve sgomberare in fretta e concludere con la deadline fissata, e poi via, chi c'è c'è. Si immagini se oltre alle bombe, gli Afgani adesso offrissero questo spettacolo: un talebano spara un missile Estrella, quelli che la Cia aveva loro fornito contro i russi, e abbatte un aereo di profughi. Biden non vuole affrontare questo possibile guaio, e quindi corre per rispettare iol 31 di agosto».

E fa male?

«Biden doveva fare quello che sempre si deve fare quando si abbandona il terreno in Medio Oriente: una sventola sonora, un attacco che mettesse i talebani in ginocchio e gli facesse passare la voglia di scontrarsi con gli Usa.

Anche noi abbiamo fatto lo stesso errore a Gaza e in Libano: se te ne vai senza creare deterrenza, l'invito a colpire senza pagare pegno sarà sonoro».

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