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Kazakistan nel sangue. Si spara per uccidere ma i ribelli non mollano

Frontiere chiuse, comunicazioni oscurate, coprifuoco ovunque. I morti sono centinaia

Kazakistan nel sangue. Si spara per uccidere ma i ribelli non mollano

Sparare per uccidere. È questo l'ordine che il presidente kazako Tokayev ha impartito ieri dall'emittente televisiva Kanal 24, l'unica in questo momento a trasmettere su tutto il territorio nazionale. I manifestanti, furiosi a causa dei rincari di gas e benzina, sono diventati improvvisamente «terroristi» per Tokayev, che di fatto ha dato il via libera a una vera e propria carneficina. Internet è ancora disattivato, i social sono stati spenti e le frontiere chiuse, mentre i militari inviati da Putin sparano ad altezza d'uomo assieme ai corpi speciali del battaglione di terra «Astana» comandato dal generale Talgat.

Eppure la repressione è riuscita ugualmente a scardinare gli steccati imposti dall'establishment politico kazako. Alcuni giornalisti, blogger, o semplici cittadini, sono riusciti a far «espatriare» foto e filmati piuttosto eloquenti. Sembra di assistere agli scenari della Cina martoriata dal Covid, quando nel dicembre 2019 Xi Jinping negava l'evidenza, mentre video dei morti in strada e dei ricoveri coatti raggiungevano le redazioni dei giornali d'Europa e degli Stati Uniti. La tecnologia abbatte la censura, e ciò che stiamo osservando nelle ultime ore è molto differente dai 26 civili morti dichiarati da Tokayev. Le immagini più eloquenti, quelle che stanno facendo il giro del mondo, sono state consegnate da blogger kazaki a Eha Medya, una smart tv indipendente turca che le ha messe in rete. Il video non lascia spazio a interpretazioni: si vedono decine di soldati che sparano ad altezza d'uomo con armi automatiche, e parecchi manifestanti a terra, alcuni coperti da un lenzuolo bianco. La repressione si riferisce alla sola Almaty e ad aprire il fuoco sono sia militari con la divisa del Kazakhistan che russi.

Secondo gli autori del video, che citano fonti ospedaliere, nella sola Almaty i morti sarebbero più di 80. Ciò significa che il Paese vive un bagno di sangue senza precedenti. Tokayev, incurante delle accuse, spiega che l'ordine è stato ristabilito in quasi tutto il Paese, e accusa forze straniere di fomentare la rivolta. In realtà qualcosa di simile a una calma (armata) si riscontra solo a Nur-Sultan (la capitale) e ad Almaty, dove i militari russi, guidati dal colonnello Andrei Serdiukov, hanno riconquistato ministeri, redazioni tv, stazioni ferroviarie e aeroporti.

Quello internazionale di Almaty resta per il momento chiuso. Lo scalo viene utilizzato da giovedì soltanto per il trasporto delle truppe da Mosca. Sono 75 gli aerei russi che volano 24 ore su 24 per portare uomini e attrezzature. In arrivo, forse lunedì, il contingente di peacekeeping della Csto, l'Organizzazione del trattato per la sicurezza collettiva, l'alleanza militare che raggruppa sei ex repubbliche sovietiche, a cui Tokayev ha chiesto aiuto.

La guerriglia è invece ancora più viva che mai nel resto del Paese, soprattutto nelle province occidentali, dove località come Aktobe, Maqat e Beyneu sono saldamente nelle mani dei dimostranti. Mosca ha fatto sapere che i suoi militari rimarranno in Kazakhistan almeno fino a metà febbraio. «É un'operazione di pace», sostiene il ministro della Difesa russo Sojgu, ma le sue affermazioni sono poco credibili. L'impressione è che Putin abbia preso la palla al balzo per fare del Kazakistan un protettorato di Mosca, innescando un'operazione di annessione che nel Dombas ucraino è stata soltanto rimandata.

Cosa di cui è convinta la Casa Bianca: «Siamo molto preoccupati - spiega il segretario di Stato americano,Antony Blinken - La Storia ci insegna che una volta che i russi sono a casa tua, è molto difficile convincerli ad andarsene».

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