
L'Austria piange le vittime della strage di Graz. Con tre giorni di lutto nazionale, un popolo cerca di elaborare il trauma collettivo per l'assassinio di dieci innocenti in una scuola della capitale della Carinzia, il liceo Borg. A uccidere, il 10 giugno, un ex alunno dello stesso istituto, il 21enne austriaco Artur A., nativo dei dintorni di Graz. Armato di fucile e pistola che deteneva legalmente, il giovane ha fatto irruzione nella scuola sparando a raffica, fino a quaranta colpi secondo le testimonianze. Alunni e docenti si sono dati alla fuga, si sono barricati nelle aule o nei bagni. Le porte chiuse di due classi non hanno fermato Artur, che le ha sfondate a colpi di fucile, è entrato e ha fatto fuoco con la pistola. Il massacro è proseguito per meno di venti interminabili minuti: all'arrivo del Cobra, il reparto speciale della polizia, l'omicida si è chiuso in un bagno e si è sparato, uccidendosi. L'epilogo di una strage che ha strappato la vita a nove alunni, sei ragazze e tre ragazzi di 14-17 anni, uccisi con un'insegnate.
Tutte le vittime avevano la cittadinanza austriaca, con alcune nate da genitori immigrati dai Balcani, tranne una che deteneva quella polacca. Austriaci anche otto degli undici feriti di età tra i 15 e i 26 anni, a cui si aggiungono due cittadini della Romania e uno dell'Iran. Ricoverati in ospedale con lesioni anche gravi, ora tutti sono stabili. Un bagno di sangue all'apice di una vendetta covata per anni dall'omicida-suicida, che sarebbe stato spinto ad agire dal bullismo subito al Borg, abbandonato prima di conseguire il diploma. Artur avrebbe lasciato l'istituto perché schiacciato dal peso di quotidiane umiliazioni da parte dei compagni di scuola. Tuttavia, questa è ancora un'ipotesi.
In una lettera e in un video di addio per sua madre, Artur rivela di aver agito di spontanea volontà. Secondo la polizia, dal materiale non è possibile dedurre alcun movente e saranno necessarie ulteriori indagini per far luce sul movente. Nei messaggi d'addio, l'autore del massacro chiede perdono: per «quello che sto per fare ora», disperata supplica di un'anima fragile divenuta strumento di morte. E si preoccupa anche del suo gatto, chiedendo che venga accudito al meglio dopo la sua morte.
Artur è esploso come una bomba a orologeria del cui ticchettio nessuno si è accorto. Vendicare il male subito con il dolore degli altri: pare questo il piano del 21enne, che ne ha preparato con attenzione l'esecuzione. Il giovane ha, infatti, acquistato le armi poco prima di colpire e ha anche fabbricato un ordigno esplosivo artigianale non funzionante. Una bomba a tubo, trovata dalla polizia insieme al progetto di un attentato dinamitardo nell'abitazione che Artur condivideva con la madre e il fratello. Il padre, un armeno, si era separato dalla famiglia. Un'ulteriore ferita nell'anima del 21enne, un abbandono che si unisce a quelli del Borg, di altre scuole e mestieri da parte del giovane. Un'esistenza fragile e tormentata finita nel liceo che Artur aveva sofferto come un patibolo quotidiano a causa del bullismo. La vittima si è tramutata in boia, uccidendo anche in quella che era stata la sua classe: perseguitato dai mostri del suo passato, Artur si è fatto mostro egli stesso.
Per le giovani vite strappate alla loro quotidianità, ieri è arrivato anche il pensiero di Papa Leone XIV: «Desidero assicurare la
mia preghiera per le vittime della tragedia avvenuta nella scuola di Graz - ha detto - Sono vicino alle famiglie, agli insegnanti e ai compagni di scuola. Il Signore accompagni e accolga nella sua pace questi suoi figli».