Il killer di Ismaele si preparava a fuggire in Albania

Per l'assassino il 17enne era troppo amico della fidanzata Così lo ha invitato al fiume e lì lo ha quasi decapitato

Quella vicinanza tra l'amico Ismaele Lulli, 17 anni, e quella che riteneva la propria ragazza, una 19enne macedone di Sant'Angelo in Vado, non è riuscito a mandarla giù. Un'onta che il 20enne albanese Igli Meta, residente a Urbania, ha lavato col sangue. Copioso. Rappreso ai piedi della croce in ferro della Chiesa di San Martino al Poggio, nel boschetto di San Martino in Selva Nera, a Sant'Angelo in Vado (provincia di Pesaro Urbino), dove è stato sgozzato Ismaele. Quel sangue che Igli Meta insieme con l'amico Marjo Mema, suo connazionale, residente a Sant'Angelo in Vado, che ha preso parte all'efferata esecuzione, ha lavato nel fiume dove Ismaele quel giorno credeva di andare per trascorrere qualche ora in relax con gli amici.

E invece è stata una trappola. L'invito ad andare a fare un bagno con loro denota la premeditazione di un delitto atroce, consumato all'ombra di un boschetto. Ismaele è andato spensierato all'appuntamento con i suoi aguzzini. Non sospettava nulla. È salito spontaneamente sull'auto di Meta. Ma il giovane straniero, che era alla guida, non è andato al fiume, ma al boschetto. Forse è lì che pensava che Ismaele si incontrasse con quella che Meta considera la sua ragazza. Al boschetto - ipotizzano i carabinieri del Comando provinciale di Pesaro Urbino - i due giovani stranieri devono avere colto alla sprovvista il diciassettenne. L'hanno legato mani e piedi con del nastro adesivo, probabilmente prima tramortendolo con un colpo alla testa (sarà l'esito dell''autopsia effettuata martedì all'ospedale di Torrette, ad Ancona, a stabilirlo con certezza) ed è saltato fuori un coltello. La rabbia con cui è stato fatto scorrere, affilato, nella gola di Ismaele era tanta che «il giovane - ha riferito il colonnello dei carabinieri Antonio Sommese - è stato quasi decapitato».

I due albanesi hanno poi trascinato di peso il corpo fino al bordo di un dirupo nel boschetto e lo hanno scaraventato giù, forse nel vano tentativo di non farlo ritrovare. E si sono recati al fiume per lavare via il sangue di cui si sono macchiati. Mema ha fatto le prime ammissioni e sta collaborando con gli investigatori. «Inizia a rendersi conto della gravità dei fatti», dicono i militari dell'Arma in conferenza stampa. Nella ricostruzione fatta dagli inquirenti, Mema avrebbe una posizione meno grave che quella dell'amico Meta ritenuto l'esecutore materiale dell'omicidio. E lui stava forse progettando la fuga in Albania quando i carabinieri lo hanno raggiunto. Era in auto con una disponibilità di denaro.

Contro entrambi i giovani ci sarebbe parecchio materiale in mano ai carabinieri. I Ris stanno effettuando i loro riscontri sui vestiti intrisi di sangue che sono stati ritrovati nel boschetto. E poi c'è la corrispondenza telefonica tra i due albanesi e Ismaele. In particolare quell'sms in cui gli danno appuntamento per andare al fiume. E ci sarebbero loro dietro al messaggio inviato domenica dal cellulare di Ismaele alla mamma e alla fidanzata, in cui diceva di volere cambiare vita, a Milano, e chiedeva di non cercarlo. Probabilmente, nel momento in cui è stato inviato l'sms, Ismaele era già stato trucidato.

«Non li perdonerò mai», dice la mamma di Ismaele affranta.

E tutta la città nutre rabbia e rancore nei confronti di quei due ragazzi che, con freddezza, si sono macchiati di un delitto tanto atroce per vendicare una gelosia. In tanti avrebbero voluto linciarli quando sono passati dentro l'auto dei carabinieri. In paese è lutto cittadino.

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