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Ko su Mes e commissioni. Processo ai vertici M5s: "Non abbiamo una linea"

Trenta deputati contro il direttivo alla Camera. Nel mirino pure Crimi. E si evoca la scissione

Ko su Mes e commissioni. Processo ai vertici M5s: "Non abbiamo una linea"

Liberi tutti, rompete le righe. E però non parlate a nome del M5s perché non c'è una linea politica. Il momento dei Cinque Stelle può essere riassunto in modo efficace da una frase dal sen fuggita di un'importante fonte parlamentare grillina alla Camera dei Deputati. Il tono è colmo di imbarazzo: «Non possiamo parlare su nessun argomento, il Movimento non ha una linea su nulla». Divisioni nel merito, come sul tema immigrazione. Guerre tra bande sulle poltrone. E quanto accaduto con le presidenze di commissione a Montecitorio è il ritratto di un clima surriscaldato all'inverosimile. Addirittura qualcuno nei gruppi parlamentari ha tirato fuori ancora una volta il cigno nero della scissione. Che a questo punto potrebbe essere propiziata da un casus belli qualsiasi. Per evitare che il bubbone scoppi, meglio stare in silenzio. Fuoriescono solo le voci degli outsider, dei cani sciolti.

Ma torniamo indietro di qualche giorno. Prendiamo le indiscrezioni sulla commissione bicamerale per la gestione dei soldi del Recovery Fund. A un certo punto circola il nome di Renato Brunetta di Forza Italia. Tra i pentastellati è il panico. L'ordine di scuderia può essere solo quello di tapparsi la bocca. Quando si prova a chiedere un parere a qualche eletto, la risposta suona così: «Non c'è una posizione ufficiale del M5s, aspettiamo che parlino i capigruppo o i ministri». Dal fronte di Alessandro Di Battista commenta soltanto l'ex ministra Barbara Lezzi, esprimendo il suo sdegno per l'ipotesi di votare per un berlusconiano. Sull'immigrazione è tutti contro tutti. Un deputato taglia corto: «Almeno su questo tema la nostra confusione non è una novità». Luigi Di Maio sta sferzando Conte e il Pd sui clandestini scappati dai centri di accoglienza in Sicilia. Nessuno gli ha risposto a tono, in chiaro. L'obiettivo è nascondere la spaccatura tra i contiani e gli uomini dell'ex capo politico.

E arriviamo alla bagarre sulle commissioni parlamentari. Come anticipato dal Giornale, dopo il blitz sul regolamento del gruppo al Senato, i deputati hanno scavato la trincea a Montecitorio. È in corso una raccolta firme per chiedere le dimissioni del capogruppo Davide Crippa, del vice Riccardo Ricciardi e di tutti i componenti del direttivo. I firmatari, guidati da Federica Dieni e Mattia Fantinati, sono già una trentina. E mettono sotto accusa la gestione «fallimentare» della trattativa sulle commissioni. Leonardo Donno si è dimesso da capogruppo in Commissione Bilancio e Davide Tripiedi ha abbandonato la vicepresidenza della Commissione Lavoro. Le scelte sulle presidenze di commissione stanno provocando non pochi mal di pancia anche al Senato. Il senatore Matteo Mantero scrive su Facebook: «Forse per colpa dei membri del misto, forse delle autonomie, forse per qualche franco tiratore abbiamo perso al Senato la presidenza di due commissioni importanti come Agricoltura e Giustizia che sono andate alla Lega». In entrambi i rami del Parlamento, il sospetto è sulla fronda «sovranista» del M5s. E non manca chi tira in ballo Di Maio.

Al centro delle polemiche rimane il Mes. Proprio i grillini sovranisti protestano contro la risoluzione sullo scostamento di bilancio votata mercoledì in Senato. Nel testo c'è un riferimento al Salva-Stati, anche se non è menzionato esplicitamente.

Ma tutte le correnti sono d'accordo su una cosa: «Bisogna togliere Crimi e votare al più presto un capo politico».

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