«Kyenge orango», dietrofront Pd Ora Calderoli rischia il processo

Il leghista era stato graziato dalla giunta per le immunità anche con l'ok democratico L'ex ministro si offende e il partito fa retromarcia: «Pronti a rovesciare il voto in aula»

«Kyenge orango», dietrofront Pd Ora Calderoli rischia il processo

L'ex ministro dell'Integrazione del governo Letta (pare passato un secolo) Cécile Kyenge torna ad occuparsi, sulle colonne di Repubblica , del problema che più affligge gli italiani in questa difficile fase storica per il nostro Paese: le frasi offensive riguardanti l'orango che il senatore della Lega Roberto Calderoli le rivolse nel luglio 2013. Una storia infinita che non la fa più dormire la notte.

Ebbene, mercoledì scorso i senatori del Pd in giunta delle immunità parlamentari, si erano espressi contro l'autorizzazione a procedere nei confronti dell'ex ministro e lei ieri si è detta «sorpresa» ma anche «triste» per tale affronto. Soprattutto «non per me. Vorrei uscire da questa logica perché non stiamo valutando Calderoli come persona. Io lui l'ho perdonato. Quello che bisogna capire è se queste parole possano essere usate in un dibattito politico normale o se siano semplicemente espressioni razziste» infuria la Kyenge. «Non è compito del Senato assolvere Calderoli. È come se quell'insulto fosse stato fatto a un paese intero per la seconda volta. Mi rammarica la mancanza di coraggio della classe politica e delle istituzioni», si lamenta la Kyenge riferendosi in particolare ai senatori del Pd che il coraggio l'hanno avuto ma di votare contro di lei: «Evidentemente quest'argomento è mal conosciuto da parte di tanti - tuona - Se poi l'abbiano fatto con calcoli elettorali troverei la cosa ancora più grave. Se una persona che rappresenta le istituzioni può insultare chiunque mi chiedo: chi protegge i deboli in questo Paese?».

Fermi tutti. Dopo la reprimenda dell'europarlamentare il Pd fa dietrofront . Fosse mai che qualcuno li additasse di razzismo. E usando un bel politichese d'annata inviano una nota: «I vertici del gruppo, pur comprendendo le motivazioni strettamente tecniche e giuridiche che hanno indotto alcuni senatori del Pd componenti della giunta a votare contro la relazione, sarebbero orientati a rovesciare quel voto in aula, dove, come previsto dal regolamento, la questione verrà affrontata nelle prossime settimane». Ecco fatto, Kyenge accontentata. Ma lei pretende le scuse del gruppo Pd per rimediare a quella terribile offesa.

Le scuse arrivano prontamente dal capogruppo dem in giunta, Giuseppe Cucca, che ricorda la natura giuridica e non politica dell'organo. Ribadisce il concetto Carlo Giovanardi membro della giunta: «La nostra decisione è stata giuridica, non politica. Nessun dubbio che l'infelice battuta del senatore Calderoli sia stata vergognosa: ma l'ex ministro non ha presentato una querela per diffamazione, senza la quale il reato non è perseguibile». Molto semplice.

Si fa ovviamente avanti il deputato Pd di colore Kalid Chaouki che si dice «sgomento e senza parole». Immancabile arriva anche la solidarietà di lei, la paladina delle donne in tutti i mondi, siano loro bianche, nere, gialle e à pois : «Solidarietà a Cécile Kyenge. Condivido la sua amarezza» scrive in un laconico tweet la presidentessa della Camera Laura Boldrini. «Mai si era vista una presidente della Camera che contesta una decisione dell'altra Camera.

#pena», risponde Francesco Storace, segretario nazionale de La Destra.

Ma ora, per il piacere di Cécile e dei democratici pentiti, Calderoli potrà essere processato. L'importante è avere le idee chiare. Allora non è solo Renzi a fare nero il Pd...

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