Non è più un rebus il ruolo di Mohamed Abrini, il terzo terrorista: «L'uomo col cappello». Arrestato l'8 aprile ad Anderlecht, aveva negato ogni volontà di farsi esplodere all'aeroporto di Bruxelles. Diceva di aver rinunciato. Mentiva. A inchiodarlo, le telecamere che mostrano una dinamica inequivocabile. Uno dei complici si fa saltare in aria per primo e l'esplosione scaraventa Abrini a diversi metri dal suo carrello. I passeggeri fuggono tutti nella stessa direzione, verso le uscite. Panico, polvere e caos. Solo questa marea umana evita che si faccia esplodere anche lui. Abrini tenta di raggiungere la borsa piena di esplosivo. Desiste dopo quasi due minuti, pensando di non essere ormai in grado di compiere «l'impresa». Prende la direzione di uscita. Fugge senza correre, mimetizzato. Dopo l'arresto ha spiegato «di avere buttato il suo gilet nella spazzatura e di avere poi venduto il suo cappello». Ora dovrà rispondere delle nuove accuse: dai video appare chiaro che gli attentatori non hanno colpito a caso nell'aeroporto. Hanno consultato il tabellone delle partenze prima di dirigersi verso i banchi di imbarco di voli precisi, quelli per Israele, Stati Uniti e Russia. Uno di loro corre per raggiungere la fila e confondersi tra i passeggeri diretti proprio in Israele. Con loro, i terroristi avevano solo la metà degli esplosivi preparati, perché il taxi per Zaventem era troppo piccolo, ha raccontato il tassista. Ognuno aveva comunque una borsa con esplosivo, compreso Abrini che sulla strada per l'aeroporto aveva espresso tutto il suo odio per gli americani. Gli altri due, Ibrahim El Bakraoui e Najim Laachraoui, sono morti. Eppure su di loro emergono dettagli sempre più inquietanti. Dopo aver lavorato cinque anni nell'aeroporto di Bruxelles, Laachraoui era volato in Siria diventando un carceriere feroce dell'Isis. Lo hanno riconosciuto i quattro giornalisti francesi Didier Fran, Pierre Torres, Edouard Elias e Nicolas Henin, rapiti tra il 2013 e il 2014 e tornati in Francia. Ricordano che due dei carcerieri sparirono a fine gennaio 2014: secondo gli inquirenti rientrarono in Europa per preparare gli attacchi. Uno di loro era proprio Laachraoui, chiamato col nome di battaglia «Abou Idriass». Insieme con lui, per il quotidiano francese Le Parisien c'era Mehdi Nemmouche, il terrorista accusato di aver ucciso quattro persone al museo ebraico nel maggio 2014 e oggi in una prigione belga. Intanto Bruxelles prova a tornare alla normalità. La stazione della metro di Maelbeek dove sono morte 20 persone (12 quelle all'aeroporto) riaprirà lunedì al pubblico e già oggi per le famiglie delle vittime e i feriti nell'attentato. Con loro psicologi di sostegno.
Lì sarà installato anche uno «muro del ricordo». Per l'aeroporto di Zaventem, grazie a una vecchia stazione ferroviaria, sono stati anche riattivati i treni nonostante l'accesso ai binari sotterranei sia nella zona devastata dai kamikaze.
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