Guido Rasi, ordinario di Microbiologia all'Università Tor Vergata a Roma, ex direttore dell'Ema e consulente per l'emergenza del generale Figliuolo guarda a settembre con ottimismo ma lancia un monito agli indecisi: chi viene a contatto con il pubblico deve vaccinarsi o sarà costretto a farlo. Gli ospedali non devono intasarsi di infetti.
Cosa si aspetta con la ripresa delle attività e della scuola?
«Ci sarà un aumento dei contagi ma non assisteremo ad una crescita preoccupante di ricoveri e terapie intensive: avere il 70% della popolazione vaccinata farà la differenza».
Ma quando potremo dire di essere arrivati all'immunità di comunità?
«Quella purtroppo non potremo raggiungerla neppure quando si sarà vaccinata l'80% della popolazione».
A causa della Delta?
«La variante ha cambiato le carte in tavola, ha fatto perdere il 14% di efficacia del vaccino e per recuperare quella perdita è stato importante alzare da 70 all'80% la copertura della popolazione. La Delta riesce ad infettare pure i vaccinati: l'immunizzazione riduce i numeri dei contagi ma non li cancella. Purtroppo in questo virus non c'è niente di assoluto».
Allora a che serve arrivare all'80% di copertura?
«A contenere verso il basso l'occupazione ospedaliera per i reparti Covid. Noi abbiamo bisogno di non ingolfare il sistema sanitario, di fare spazio alle altre patologie. Ogni percentuale di crescita delle vaccinazioni riduce il problema».
Però la Sicilia è diventata gialla proprio perché ha gli ospedali pieni e ieri ci sono stati 1369 contagi.
«E questo fa capire che le infezioni e le ospedalizzazioni sono concentrate nelle regioni con le più basse percentuali di immunizzati. Bisogna spingere la vaccinazione il più possibile. Diverse categorie stanno rispondendo alla chiamata, come gli insegnanti».
Però ci sono ancora molti non vaccinati che si ammalano.
«I contagi partono sempre dai focolai. Vanno monitorati per capire chi li provoca. Se partono da chi sta a contatto con il pubblico, oppure da chi svolge certe professioni come i militari, le forze dell'ordine, devono essere bloccate».
In che modo?
«Rendendo obbligatorio il vaccino per i dipendenti pubblici che entrano a contatto con la popolazione. Se sono loro che provocano le infezioni e se non si decidono a immunizzarsi spontaneamente, non possiamo fare altro che obbligarli».
Non teme proteste violente?
«Se ci sono categorie che costituiscono il problema e mettono in crisi il sistema sanitario non c'è altra via d'uscita. Queste persone impediscono la normale somministrazione delle cure di altri pazienti e occupano posti preziosi in ospedale».
Che messaggio lanciare ai milioni di over 50 ancora molto scettici?
«Più siamo protetti e meno sono i rischi di tornare indietro. I cambiamenti strutturali sono lenti, per ripensarli ci vuole tempo. E va evitato di chiudere ancora le attività. L'unica via è ridurre i numeri dei non vaccinati anche a costo di prendere misure per chi interferisce con lo svolgimento delle normali attività».
Si parla di terza dose. Toccherà a tutti?
«Ema consiglierà la terza dose agli immunodepressi. Subito dopo sarà la volta degli operatori sanitari. Poi si passerà ai super anziani. Per gli altri ancora non è chiaro».
Come si potrà capire?
«Bisognerebbe
sapere qual è il livello protettivo di immunità cellulare di ogni individuo. Si sta mettendo a punto un test, ma sono studi lunghi. Il sierologico verifica se hai gli anticorpi ma non ti dice per quanto tempo sei protetto».
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