"L'addio all'atomica? Per ora è una chimera. Vince l'ego dei leader"

Nicola Casarini, esperto dell'Istituto affari internazionali: "Uno punta al Nobel, l'altro a passare da eroe"

"L'addio all'atomica? Per ora è una chimera. Vince l'ego dei leader"

«Un summit più di forma che di sostanza, un appuntamento mediatizzato che serve ai due leader per questioni interne e per esaltare il loro ego, molto più che per l'obiettivo dichiarato: la denuclearizzazione della Nord Corea». Nicola Casarini è uno dei maggiori esperti di Asia orientale, coordinatore dell'area di ricerca dell'Istituto Affari Internazionali.

Non siamo di fronte a un evento storico?

«Sì, se si pensa che Stati Uniti e Nord Corea sono ancora due Paesi in guerra, non si riconoscono a vicenda e non hanno relazioni diplomatiche. Se invece andiamo alla sostanza delle cose, sappiamo che non ci saranno cambiamenti sostanziali».

A cosa punta Trump?

«Trump ottiene due obiettivi: sperare nel Nobel per la Pace e mostrare agli americani che è il difensore della loro sicurezza, non solo economica. Da quando si è insediato non ha fatto altro che stravolgere le politiche di Obama. Ma c'è una cosa che il suo predecessore ha e lui no. È il Nobel. Il summit gli dà la possibilità di provarci».

E la questione sicurezza?

«È il chiodo fisso di Trump. Poteva bombardare la Corea del Nord e ci ha pensato. L'alternativa alla guerra, che avrebbe causato migliaia se non milioni di morti, era giocare la carta della diplomazia. Lo ha fatto per dimostrare agli americani che la sicurezza conta, specie con un Paese che minaccia il territorio americano. Trump gioca una doppia partita a nome dell'America e a nome personale».

Chi ci guadagna di più?

«Entrambi nello stesso modo, altrimenti il summit non si sarebbe svolto. Kim Jong-un ottiene di essere trattato alla pari del presidente degli Stati Uniti. E non a caso in queste ore si fa chiamare anche lui presidente e non leader. Vuole passare per eroe nazionale come il nonno Kim Il-sung. E spera in vantaggi economici».

Fine delle sanzioni e inizio degli investimenti?

«Per ora soprattutto investimenti, che porterebbero vantaggi all'America e anche all'Europa. Sono già allo studio connessioni dirette, una ferrovia, Seul-Roma e Seul-Parigi, come tra la Cina e l'Europa con la Via della seta, ma che evitino proprio la Cina».

Pechino è stata messa da parte. Un altro punto di Trump?

«La carta nord-coreana serve anche in funzione anti-cinese. Pechino avrebbe voluto e dal suo punto di vista anche dovuto esserci. Ma poi ha fatto buon viso a cattivo gioco. Ed è rientrata dalla finestra in molti modi. Kim è andato due volte dall'alleato cinese, per tranquillizzarlo, prima del summit. È arrivato all'incontro con un aereo cinese e Pechino ha fatto in modo che il vertice fosse a Singapore, con cui ha forti relazioni culturali».

E la fine delle sanzioni?

«I fronti si divideranno. Cina e Russia seguiranno il loro binario, più favorevole alla Corea del Nord. Gli occidentali e il Giappone vogliono vedere se alle parole seguiranno i fatti. La Corea del Sud accelererà i rapporti e aprirà a eventuali investimenti ma aspetterà i primi risultati».

Si arriverà davvero alla denuclearizzazione?

«Tutte le parti in gioco, anche Corea del Sud, Russia e Giappone sanno, senza dirlo apertamente, che non è una prospettiva realizzabile, almeno nel breve periodo. Se Kim incontra Trump è perché ha l'arma nucleare, rinunciare sarebbe un suicidio e un cambio di regime molto più facile. La questione serve per aprire il dialogo e ottenere qualcosa dalla comunità internazionale, non certo per rinunciare alla bomba».

E i diritti umani? Trump ne ha discusso.

Ma intanto legittima un dittatore spietato?

«Trump non si è fatto problemi a fare un accordo di ferro con l'Arabia saudita, che sui diritti umani è peggio dell'Iran. E sì, sta legittimando il peggior regime sulla faccia della terra».

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