Berlino. La vera novità di questa elezione in Germania è che il cancelliere uscente non si ricandida: dal 1949 a oggi non era mai successo. A catena, tutti i partiti, a cominciare da quello della cancelliera, si sono adeguati al cambiamento proponendo candidati nuovi. Tutti tranne uno: il Partito liberale (Fdp). Il suo leader e capolista, Christian Lindner, è lo stesso ormai dal 2013. Quando assunse la guida della Fdp, Lindner aveva 34 anni. Oggi ne ha 42, solo due di più della candidata verde Annalena Baerbock, ed è ancora al comando del partito. Dall'abissale 4,8 per cento di otto anni fa (sotto la soglia di sbarramento del 5 per cento per entrare in Parlamento), Lindner ha portato la Fdp al 10,7 per cento nel 2017 e oggi, sondaggi alla mano, punta all'11-12 per cento dei consensi. Il suo obiettivo, però, non è rosicchiare mezzo punto alla Cdu ma traghettare la Fdp verso la sua sede naturale: il governo. Salvo una breve interruzione fra il 1966 e il 1969, quando la Germania sperimentò la sua prima grande coalizione, i Liberali sono stati ministri e sottosegretari per 50 anni consecutivi, alleandosi ora con la Cdu ora con la Spd. L'avvento dei Verdi prima e di AfD poi ha rotto il pendolo: il Bundestag di oggi è molto più frammentato di quello degli anni '60, '70, e '80 e la Fdp fatica a tenere la bussola dritta sul governo. Lo si è visto già quattro anni fa quando Merkel provò a varare una coalizione «Giamaica» con il nero dei suoi, il verde dei Grünen e il giallo della Fdp. Le incompatibilità fra l'agenda meno tasse e meno servizi dei Liberali con quella più tasse e più pale eoliche degli ecologisti mandò in frantumi il progetto. «Meglio non governare che governare male», sentenziò Lindner, e Merkel finì per varare la sua terza große Koalition con la Spd.
E oggi? Oggi il politico nato a Wuppertal ha diverse possibilità per riportare i Liberali al governo. Se è vero che per formare un esecutivo stabile servirà l'aiuto di almeno tre partiti, la Fdp è candidata naturale a sostenere una nuova grande coalizione allargata (l'alleanza «Germania» rosso-nero-gialla), a entrare in una nuova coalizione Giamaica con Verdi e Cdu, ma persino ad appoggiare un'ancor più progressista alleanza «semaforo» rosso-verde-gialla.
I punti di contatto fra Liberali e sinistre non mancano: investimenti in infrastrutture digitali, rilancio del sistema scolastico, ampliamento delle libertà individuali e legalizzazione della marijuana. La lista però finisce qui. Sull'introduzione di nuove tasse, anche a livello europeo, Fdp e rosso-verdi sono agli antipodi. Anche la transizione ecologica secondo i Liberali va raggiunta con sgravi fiscali concessi a chi investe nel clima e non certo con l'introduzione di nuovi prelievi. Lindner propone poi il rapido ritorno alla regola aurea del pareggio di bilancio (sospesa con la pandemia) e ha già prenotato per sé il ministero delle Finanze nel prossimo governo, qualunque esso sia: uno spauracchio per l'Italia.
«Noi siamo più vicini all'Unione Cdu/Csu», ha ricordato più volte in una recentissima intervista concessa a N-tv. Ma poiché la Cdu è in calo, l'obiettivo dichiarato della Fdp «è diventare abbastanza forti da impedire la formazione di un governo senza di noi».
Lindner ha imparato la lezione del 2017 e sa di non poter rifiutare un secondo invito a entrare al governo. Anche con la sinistra: quel che conta e lasciarsi alle spalle i banchi dell'opposizione e tornare a essere l'ago della bilancia.
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